MILANO: BAMBINI SCHIAVI IL RACKET ALBANESE DEI MENDICANTI

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  • Testata            Panorama
  • Data Pubbl.     14/01/1999
  • Numero           0002
  • Numero Pag.   54
  • Sezione            ATTUALITA’
  • Occhiello         SCHIAVISTI DI BAMBINI L’ OPERAZIONE ORCO CONTRO IL RACKET DEGLI ALBANESI CONTINUA
  • Titolo  UN QUATTORDICENNE STAVOLTA LI INCASTRERA’
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

BAMBINI SCHIAVI:

E’ nascosto in un luogo sicuro per evitare la temuta vendetta del clan degli schiavisti albanesi. Il teste chiave, che tutti chiamano XXX per difenderne l’ identità, un ragazzino di 14 anni, è rimasto in Italia insieme a un altro, poco più grande, ricoverato in un ospedale milanese. XXX non è stato rimpatriato lunedì 20 dicembre sull’ aereo di linea albanese con gli altri 18 minorenni trovati due giorni prima dai carabinieri, segregati insieme a 12 adulti in una raffineria abbandonata della periferia milanese. Che il piccolo testimone sia rimasto in Italia, significa una sola cosa: l’ operazione Orco, che ha portato alla liberazione dei “mendicanti per forza”, costretti a dormire tra rifiuti e ratti, e al fermo di 20 appartenenti all’ organizzazione che li “gestiva”, è tutt’ altro che finita. Anche se tre giorni dopo il blitz nei disumani capannoni industriali dismessi di Milano il gip Cesare Tacconi ha deciso di scarcerare i 17 uomini e le tre donne fermati dai militari. I carabinieri di Sesto San Giovanni che per oltre due mesi avevano indagato, pedinato, filmato, fotografato, interrogato, e il pm Bruna Albertini che aveva coordinato le indagini sono convinti di aver visto giusto. E temono che i ragazzini nel giro di poche settimane possano rientrare in Italia e finire sotto le grinfie degli stessi aguzzini. Anche perché, secondo i carabinieri, è assai probabile che fossero stati venduti dalle proprie famiglie. Il pm ha chiesto al gip di fissare la data dell’ incidente probatorio: dovrebbe tenersi entro febbraio. Un appuntamento molto importante: in quell’ occasione XXX potrebbe chiarire molti dubbi. E’ l’ unico, infatti, ad aver deciso di raccontare tutto di una vera e propria organizzazione piramidale con tanto di sistema di sorveglianza impenetrabile. Il primo mistero è quello del tatuaggio rosso che tanto ha fatto discutere per essere stato, forse, la principale causa della rapida scarcerazione. Il piccolo superteste aveva raccontato che un certo “Gapo” aveva un tatuaggio rosso sulla spalla sinistra. Nessuno dei 20 arrestati ne aveva uno. Ma a Panorama risulta un’ altra versione dei fatti. In realtà, il piccolo albanese sarebbe stato interrogato dai carabinieri due volte. Durante il primo interrogatorio avrebbe fatto un racconto generico e vago parlando, tra l’ altro, dell’ incisione sulla spalla del “Gapo”. Non trovandone traccia su nessuno dei fermati, fu ascoltato una seconda volta. Chiarendo il mistero: il “Gapo” tatuato sarebbe un capobanda che opera a Tirana. Forse l’ uomo che l’ aveva preso in consegna per spedirlo in Italia. Proprio in quel secondo interrogatorio approfondito il ragazzo riconobbe in foto, a uno a uno, i 20 membri dell’ organizzazione, spiegò il loro ruolo e descrisse che cosa succedeva nell’ ex raffineria milanese. Dove, tra l’ altro, venivano custodite anche armi. Tutte le mattine alle quattro i mendicanti per forza uscivano con un sacchettino che conteneva un panino e una lattina. Dovevano rientrare la sera alle 19 con almeno 50 mila lire. Altrimenti botte da orbi. E botte anche se “guadagnavano” di più senza dirlo al capogruppo. Ogni tre mendicanti, infatti, c’ è un responsabile che riferisce e consegna l’ incasso a un superiore. Così su su fino ai vertici dell’ organizzazione i cui capi, secondo gli inquirenti, erano stati riconosciuti dal ragazzo. Quel giorno venne in superficie un’ altra drammatica realtà: i piccoli mendicanti difficilmente parlano anche perché aspirano a loro volta a diventare capi. I carabinieri, abbottonatissimi su tutta la vicenda, si lasciano sfuggire una sola battuta: “Quei 20 li riprenderemo”.