Giulio Regeni, pedina di un’operazione clandestina?

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Giulio Regeni, il ricercatore universitario di 28 anni scomparso il 25 gennaio al Cairo e trovato morto, torturato e mutilato il tre febbraio “era una pedina di una operazione clandestina e non autorizzata dal governo su larga scala in Egitto e in Libia”. Chi conferma questa notizia al mio blog spiega che sarebbe in corso una campagna di destabilizzazione organizzata dalla nostra intelligence in questi due Paesi per fare pressione sul presidente egiziano ʿAbd al-Fattāḥ Saʿīd Ḥusayn Khalīl al-Sīsī, affinché appoggi e supporti l’intervento militare italiano in Libia oramai prossimo. “L’Aise si starebbe muovendo in Egitto” prosegue ancora “per creare i presupposti affinché si renda necessario l’invio delle nostre truppe. In particolare stanno cercando di suscitare allarme per una nuova sommossa in Egitto contro Al Sisi, pericolo che non esisterebbe anche se la colpa poi ricadrebbe sui Fratelli Musulmani (l’organizzazione fondamentalista islamica che il sei ottobre 1981 assassinò il presidente egiziano Muḥammad Anwar al-Sādāt che stava pacificando l’area. I Fratelli Musulmani in Egitto sono fuorilegge Ndr)”. Secondo questa ipotesi Regeni si sarebbe trovato “in un gioco più grande di lui: alle 20 del 25 gennaio 2016 Giulio Regeni stava andando a incontrare un capo ribelle. Lo specifico di Regeni era occuparsi di sindacato e organizzare uno sciopero contro Al Sisi”.

Giulio Regeni
Giulio Regeni

Ma, pochi minuti dopo le 20, calò il silenzio intorno ai suoi contatti. “Probabilmente era già finito nelle mani delle guardie segrete di Mukabarat. Non potevano lasciarlo vivo. E lo hanno ucciso, dopo averlo torturato e menomato per cinque giorni”. Già, cinque giorni, esattamente il tempo intercorso tra la sua sparizione e la decisione della Farnesina di renderla pubblica con una nota ufficiale il 31 gennaio, sei giorni dopo la sparizione. “Come vede sono stati gli italiani a tenerla nascosta”.

2011. Il Cairo. Piazza Tahir
22011. Il Cairo. Piazza Tahir

Sono tante le domande a questo punto. Perché l’Aise non è stato in grado di contattare i servizi segreti egiziani per chiedere notizie di Regeni? Come mai la notizia è stata tenuta nascosta per sei giorni? C’era forse qualche struttura italiana che lo stava cercando? Quanti altri “Giulio Regeni” ci sono in quei teatri in questo momento? E, soprattutto, perché il nostro giovane connazionale ha perso la vita? La spiegazione, secondo quanto risulta al blog, è che non potevano più lasciarlo vivo dopo aver visto i contenuti della sim del suo telefonino cellulare, che non si trova più. Inoltre l’impressione è che Regeni si fosse spinto tropo in là, senza aver ricevuto l’adeguato addestramento necessario. Questo circola nel Palazzo, adesso: “Giulio Regeni era un idealista e l’hanno fregato”. E chissà, forse si era anche dimenticato, o aveva dovuto dimenticarsi, che, in realtà Al Sisi è figlio della rivolta di Tahir tanto a lui cara, una rivolta che fu contro la dittatura islamica. Quella propugnata dai Fratelli Musulmani. Intanto risulta al blog che a Roma, nei vertici dell’Esercito, ci sia molta preoccupazione per il nostro intervento militare. Siamo preparati per sostenerlo?
Marco Gregoretti