Il delitto dell’Olgiata e i suoi piccoli misteri. Un mio articolo per Quarto Grado Magazine in edicola da mercoledì 17 giugno

Il delitto dell'Olgiata su Quarto grado magazine
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Delitto dell’Olgiata:

Prosegue la rubrica Donne in nero che curo per il magazine settimanale della trasmissione di Rete 4 Quarto Grado condotta da Gianluigi Nuzzi insieme ad Alessandra Viero e curata da Siria Magri. Sul sesto numero, in edicola da oggi mercoledì 17 giugno 2015, racconto la tragica morte della contessa Alberica Filo della Torre uccisa il 10 luglio 1991 nella villa romana dell’Olgiata dove viveva con il marito e con i figli
MG

Oggi è in prigione e dovrà restarci, se non avrà riduzioni di pena, fino al 2027. Manuel Winston, filippino residente a Roma, il primo aprile 2011 confessò al pubblico ministero Francesca Loy di aver ucciso, il 10 luglio 1991, la bella contessa Alberica Filo della Torre che aveva da poco (il due aprile) compiuto 42 anni. E per questo, il 24 novembre 2011, Winston fu condannato a 16 anni di reclusione, pena confermata anche nel secondo grado di giudizio. Si chiuse così, quattro anni fa, dopo due decenni di indagini a singhiozzo, di polemiche, di continui cambi di magistrati competenti, di dna prima incerti poi perfettamente aderenti, la vicenda giudiziaria nota alle cronache come il “delitto dell’Olgiata”, dal nome di una delle zone più lussuose e residenziali di Roma.
La sera di quel maledetto 10 luglio 1991 Alberica Filo della Torre e suo marito Pietro Mattei, il costruttore sposato in seconde nozze il 28 luglio 1981, padre dei suoi due figli, Manfredi e Domitilla, avrebbero dovuto festeggiare i dieci anni di matrimonio. La bella villa dell’Olgiata in cui vivevano, isola 106 di Lavilla 38/A, sarebbe stata teatro di uno di quegli eventi mondani in cui si incotra tutta la creme dell’alta società. La mattina di buon’ora erano già tutti al lavoro: cameriere, operai, baby sitter: la contessa era molto esigente e si arrabbiava se tutto non era perfetto. Come al solito verso le 8,30 era scesa per fare colazione con i figli e poi era tornata in camera sua. Qualcosa, però, non quadrava. La “signora” raccontò la cameriera filippina Violetta Alpaga, non rispondeva neanche alla figlia che bussava alla porta e neppure al telefono interno. Tra le 10,30 e le 11 una scena terribile si offrì agli occhi della piccola Domitilla e a Violeta Alpaga: Alberica era stesa per terra, la testa avvolta da un asciugamano intriso di sangue. I Carabinieri non ebbero dubbi: “è stato qualcuno di cui la vittima si fidava. Qualcuno che sapeva nuoversi all’interno dell’abitazione”.

La copertina del sesto numero di Quarto Grado magazine
La copertina del sesto numero di Quarto Grado magazine

I primi sospetti caddero sulla baby sitter inglese Melanie Uniacke, su Roberto Jacono, figlio di una insegnante di inglese dei figli e sullo stesso Manuel Winston, che era stato da poco licenziato. Ma nessun riscontro sciolse i dubbi degli investigatiori: neanche il tampone con il dna di Winston. Tra i primi ad accorrere il 10 luglio 1991 fu Michele Finocchi, all’epoca dell’omicidio figura di primo piano del Sisde (il servizio segreto interno): alcune foto lo ritraevano nel giardino della villa. Questa circostanza assunse un valore investigativo e insospettì gli inquirenti quando nel 1993 scoppiò lo scandalo della gestione dei fondi neri del Sisde, che coinvolse perfino l’allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. A Zurigo il magistrato Cesare Martellino scoprì alcuni conti intestati alla donna uccisa. Nel 1996, un altro pubblico ministero, Italo Ormanni, con alcune rogatorie internazionali, si imbatté in una fitta serie di trasferimenti sostanziosi dalla Svizzera al Lussemburgo. Ma i sospetti che questo danaro potesse essere collegato ai fondi neri dei servizi segreti si sgretolò per ammissione degli stessi magistrati. Caso chiuso? No, proprio no: il marito e i figli della contessa chiesero di riaprire le indagini, anche all luce delle nuove tecnologie investigative. Nel 2007 il caso si riaprì. Ma dopo pochi mesi, nel 2008, Ormanni chiese l’archiviazione. Senza fare i conti con la determinazione di Pietro Mattei. Gli esiti dei nuovi accertamenti del Ris, il primo aprile 2011, diedero ragione a Mattei. Le tracce su un orologio e sul lenzulo, peraltro già analizzati in passato, confermavano la prima ipotesi: l’assassino era Manuel Winston. Che, dopo due giorni, durante l’interrogatorio, confessò. “Sì, l’ho uccisa io e ho rubato i suoi gioielli”. Ma alcune domande aspettano ancora risposta: come mai, per esempio, sapendo di essere colpevole, il cameriere filippino è rimasto a Roma dove si è sposato e ha avuto due figli?
Marco Gregoretti

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