Chi ha fatto uccidere Ilaria Alpi? Un documento inedito

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
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Ilaria Alpi e Miran Hrovatin
Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Per ora in carcere è finito solo un somalo che era venuto a fine anni Novanta a testimoniare per le torture che aveva subito da parte dei militari italiani durante la Missione di “pace” Ibis, nell’ambito dell’operazione Nato Restor Hope, ufficialmente dedicata a mettere pace tra i due signori della guerra, Alimadi e Aidid. Ufficialmente… Il 20 marzo 1994 la giovane giornalista della Rai Ilaria Alpi e il suo cameraman Miran Hrovatin furono uccisi a colpi di pistola a Mogadiscio. Ancora oggi non c’è il nome di un esecutore e di un mandante. Mi sono occupato a lungo (e continuerò’ a farlo con buona pace delle minacce esplicite e velate) delle vicende somale e anche di quel duplice, misterioso, ingiusto omicidio. Tra i miei appunti ho trovato un documento che va letto così’ come è. E’ una breve memoria che mi fece avere, con mille precauzioni (che comunque non lo hanno tenuto al riparo da rappresaglie di ogni tipo), una mia fonte militare che opero’ in Somalia e che conosceva bene Ilaria Alpi. Che volete che vi dica? Fatevi voi un’idea tra stupri fotografati, traffici illeciti, scorie radioattive, liti con i generali, bugie e medaglie, quali rischi corra sempre un giornalista che voglia fare il proprio dovere.
MG

“Litigata all’ex ambasciata di Mogadiscio tra Ilaria Alpi e il generale Bruno Loi. Fu uno scontro duro su come venivano trattati i prigionieri. Non volevano farla entrare. Chiese di parlare con Loi: vi mando in onda nel tg!!! Era intorno a mezzo giorno e mezza.
Spesso andava in giro senza scorta. Non ho capito il
Motivo: se perché non gliela davano in quanto malvista perché rompicoglioni o se perché era ben introdotta nel luogo e conosceva le lingue arabe. Forse anche perché voleva andare in luoghi poco graditi. Ricordo una cena al Portovecchio (Vedi D.). Una cena per capire quanto sapessero i giornalisti o lei in particolare. C’era il comandante del raggruppamento Alfa e un certo capitano (vicecomandante del battaglione) del Tuscania. I segreti stavano al Portovecchio: c’era l’ex campo canadese delle torture dei parà canadesi (sciolsero il reparto). Gli italiani continuarono quello che avevano fatto i canadesi: torture e stupri. Era una zona poco controllata dai superiori che anche loro si facevano i cazzi loro.
Poi c’era la storia delle armi: i somali rubavano l’scp 7090 dai vm e scappavano. Quando il vm rientravano il problema era serio: allora i comandanti chiamavano gli informatori somali che collaboravano con i capicellula dell’esercito italiano addetti ai settori. Gli informatori recuperavano l’arma e in cambio avevano in media 500 dollari che non si sa bene da che cassa uscivano. Ilaria (Alpi) lo sapeva.
Perché alcuni giornalisti avevano la scorta e altri no? Ilaria era di sinistra e considerata rompicoglioni, in un ambiente di destra come quello dei paracadutisti. Poi era una che indagava, non so se per carriera o per senso di giustizia, però indagava. All’aeroporto di Roma la Guardia di finanza perquisì ufficiali e sottoufficiali: trovarono droga, armi, avorio. Infatti furono intensificati i controlli all’aeroporto di Mogadiscio. E beccarono quel colonnello che ora è generale con droga leggera e cocaina. Così diedero l’ordine di non perquisire più gli ufficiali in partenza da Mogadiscio. Di tutto hanno portato via: dalle pietre miliari, al busto del duce e di Viittorio Emanuele, le armi, pistole che sequestravano (le Makarov russe, le
Beretta modello 34 calibro nove italiane), le scimmiette, i materiali americani avuti in cambio di alcolici (brandine eccetera) che rivendevano ai mercatini italiani. E chi è che aveva accesso sugli aerei dove far stare le casse? Gli ufficiali d’accordo con piloti, anche loro ufficiali, compiacenti.
La macchina fotografica di Ilaria. La comprò insieme a me, una Nikon automatica. E’ sparita. Ha fotografato lo stupro. E sapeva chi erano gli stupratori: li conosceva tutti. Lei sapeva delle sevizie fatte ai prigionieri. C’era perfino un giornalista italiano che si era procurato il bastone elettrico americano e si divertiva a dare la scossa ai somali. Ilaria doveva scrivere un libro. Ilaria stava approfondendo, mi accennò, che aveva trovato un canale sulle scorie radioattive: alcune ditte utilizzavano la Somalia per scaricare scorie radioattive. A Bosaso andò perché aveva visto dei militari italiani senza le mostrine. Li aveva riconosciuti da come era fatta la mimetica. C’erano delle navi e lei voleva sapere cosa trasportavano. Le dissi di parlare con Vincenzo Li Causi, del Sismi, capo del centro Scorpio di Trapani. Si conoscevano. Combinazione una pallottola vagante uccise anche Li Causi (a Balad, il 12 novembre 1993, quattro mesi prima di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, uccisi a Mogadiscio il 20 marzo 1994. Ndr). Dell’uranio impoverito si sapeva già ufficilamente. Il bombardamento a villa Somalia con le fortezze volanti. Che bombe erano? E con quale materiali erano costruiti i proiettili dei carri? Forse c’era scritto nei taccuini di Ilaria.
Indagini. Quando si fanno indagini sull’omicidio si parte dagli indizi. Perché nessuno è intervenuto? Non c’erano le condizioni, è stato detto. Poco credibile che un esercito italiano non avesse mezzi e uomini per intervenire. C’era la scorta dell’ambasciatore a due passi, anche se dicono che non è vero. Erano del Tuscania… Rilievi e indagini successivi al fatto: nessuno è stato sul posto a fare gli accertamenti e i rilievi di Polizia giudiziaria di rito. Ne a distanza di due anni. Il bagaglio. I militari dicono che l’hanno confezionato loro. Invece è stato un giornalista. Chi ha avuto in custodia sulla Garibaldi questo bagaglio? Non si sa chi è: un piantone, un soldato…L’hanno buttato lì così? Il bagaglio di una morta assassinata? E se invece c’era il custode, perché non è stato indagato per violata consegna visto che dal bagaglio , trovato aperto, mancavano degli effetti? Il certificato di morte sparito. Chi aveva interesse a chiudere la bocca a Ilaria Alpi? Lei è morta, Li Causi è morto..
Invece alla fine di tutta l’operazione Somalia c’è chi ha preso tra omissioni e responsabilità le onorificenze. Ad esempio il maggiore M.T. che comandava gli uomini del Tuscania che non sono intervenuti all’omicidio di Ilaria Alpi, ha avuto al rientro in patria una croce al merito. E altri che hanno avuto medaglie al valor militrare come quel tenente che fece esplodere una bomba al fosforo in camerata, simulando per coprire un fatto che avrebbe compromesso la sua carriera, un attacco somalo. Perché lo hanno coperto i superiori? Raccomandazione o inettitudine”.
La tua fonte dal fronte…