Archivio di Greg. La notte buia della democrazia. Quello che scrissi su Panorama quando i “retini” di Leoluca Orlando, le ex camice nere di Fini e i celoduristi di Bossi gettarono le monetine addosso a Bettino Craxi.

La follia giustizialista: le monetine contro il leader socialista Bettina Craxi
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Abbiamo appena celebrato uno degli episodi più bui della democrazia giustizialista all’italiana, che tanto dolore inutile ha provocato. Era la notte tra il 29 e il 30 aprile 1993, quando la Rete di Leoluca Orlando organizzò quelli che oggi si chiamerebbero flash mob: a Milano, a Genova… A Roma, insieme ai “retini”, c’erano i missini di Gianfranco Fini e i leghisti di Umberto Bossi. Anche le ex camice nere e i “celoduristi”, davanti all’hotel Raphael, gettarono le monetine addosso a Bettino Craxi. Urla dementi e assassine all’indirizzo del Parlamento che aveva negato l’autorizzazione a procedere contro di lui, poi fatto fuori, con la cinica complicità dei comunisti, dalla scena politica italiana. Lavoravo nel più importante news magazine d’Italia e si respirava in quel periodo una fetida aria carica di angoscia. Tutti i giorni cadeva qualcuno nella inesorabile rete del pool di Mani Pulite. Nel mio archivio ho trovato questo breve articolo che scrissi nel numero di Panorama uscito in edicola il nove maggio 1993. Proprio nell’anniversario di un altro giorno nero per la nostra democrazia: l’uccisione di Aldo Moro. In quel breve box feci notare che nulla di spontaneo c’era nelle irruzioni di quella notte. La mia annotazione fece molto arrabbiare la Rete. Ricevetti alcune telefonate non proprio gradevoli… Così è se vi pare cari miei
Marco Gregoretti

Testata Panorama
Data Pubbl. 09/05/1993
Numero 1412
Numero Pag. 0044
Sezione TEMA DEL GIORNO
Occhiello Parlamento / Chi ha votato contro i giudici
Titolo RABBIA IN PIAZZA
Autore MARCO GREGORETTI
Testo BOX La Lega: “Di Pietro, Colombo, andate fino in fondo”. Replica la Rete: “Colombo, Di Pietro non tornate indietro”. Alla notizia delle mancate autorizzazioni a procedere nei confronti di Bettino Craxi, la sera di giovedì 29, dal marciapiede davanti a Palazzo di giustizia, a Milano, luogo simbolo delle inchieste sulla corruzione, si sono levate urla di rabbia. Così come a Roma, e a Genova. “Milano non ne può più” strillava in dialetto un leghista mentre due “squadre” dei suoi sventolavano le bandiere pericolosamente vicino ai giovani della Rete simbolicamente incatenati. Si sono insultati i due schieramenti, nonostante che una ragazza si sgolasse: “siamo qui come cittadini, è Craxi il ladro”. E Craxi è anche l’ oggetto della rabbia. Innumerevoli gli slogan contro di lui: “Craxi in galera, vogliamo Craxi in galera”, sui ritmi della canzone Guantanamera. Travalicano ogni democrazia i missini, numerosi dietro lo striscione “Basta con le tangenti”: “Craxi porco, ti vogliamo morto”. Minacciosi, i leghisti lanciano a tutta gola un “Bettino, stiamo arrivando”. Ce n’ è anche per Carlo Azeglio Ciampi, presidente del consiglio da poche ore. Giusto in tempo per beccarsi dalla Rete questo agghiacciante ritornello: “Libera Riina, forza Ciampi, libera Riina”. Certo, slogan, striscioni e mobilitazione di Rete, Lega, Rifondazione comunista e Movimento sociale e perdipiù a tempo di record, non sembrano proprio frutto di una manifestazione spontanea. E’ vero però che proprio davanti al tribunale milanese i militanti degli uni o degli altri hanno espresso anche una sorta di rabbia individuale e confusa. Come quella di una signora che ci tiene a dire di essere “di sinistra e antileghista”: “Però voterò Formentini. Bassetti appartiene alla Dc”.

Testata Panorama

Il capo della Lega Umberto Bossi ai tempi delle monetine

Un giovane Gianfranco Fini, quando non disdegnava indossare la camicia nera

Il fondatore della Rete, più volte sindaco di Palermo, Leoluca Orlando