Dopo due giornate di botte, lacrimogeni e la morte assurda, programmata da apparati fuori controllo, di Carlo Giuliani, un giovane ragazzo, in piazza Alimonda, avevo deciso di passare una serata “tranquilla”, con mio zio, il fratello di mia madre. Abitava a Genova, all’interno del porto, in una bella casa da single, proprio di fronte al Jolly hotel, dove alloggiava George W Bush. Una postazione privilegiata per osservare e fotografare i cecchini sul tetto dell’albergo. Ci incontrammo al di qua dell’ingresso della palazzina, perché si trovava all’interno della strana zona rossa. Genova è la mia città e ho zii, zie e cugini e cugine che ci vivono. Fu proprio una di loro a telefonarmi mentre stavo passeggiando con mio zio. “Marco!!!” esordì “Sento delle urla arrivare dalla scuola Diaz, qui sotto, di fronte a casa mia. Urla, lamenti… Ti prego, vieni a vedere che cosa succede, per favore!”. Incontrai un funzionario della Polizia e gli chiesi di darmi qualche notizia. “Hanno accoltellato uno di noi e i miei colleghi sono entrati alla Diaz per andare a cercare l’accoltellatore”. Fu usata questa scusa, inizialmente. Poi si rivelò un panzana. Comunque convinsi mio zio ad andare subito. Lui era un bravissimo fotografo per hobby. Quando arrivammo ci si presentò un scena assurda: davanti alla scuola c’era una infilata di ambulanze con i lampeggianti blu in funzione. Non ricordo quante fossero: le contai, erano tante. Ma non ricordo il numero esatto. Come se sapessero già che cosa sarebbe successo. In mezzo alla strada Vittorio Agnoletto, il medico leader di una rete che contestava pacificamente, parlava concitato al telefono. Si aprì il portone della scuola e cominciarono a uscire poliziotti con manganelli, caschi… Alcuni di loro, in quattro, tenevano sacchi della spazzatura, due davanti e due dietro, con dentro dei corpi. Qualcuno si lamentava, altri erano immobili, sembravano morti. I feriti erano davvero malconci. Erano stati sorpresi nel sonno e massacrati di botte, anche usando pezzi di legno con dei lunghi chiodi alle estremità. Entrammo. Uno spettacolo allucinante, agghiacciante, assurdo, ingiusto, e senza una logica. Sangue dappertutto: per terra, sui muri, sugli abbigliamenti sparsi e ammucchiati. In una stanza, la segreteria, c’erano i computer e le sedie buttati per aria. Dissero che i poliziotti cercavano la rete di avvocati che difendevano i contestatori, black bloch e tute bianche compresi. Scattammo tante fotografie. Le più cruente mio zio non le volle mettere nel dvd che abbiamo compilato. Ma quelle che potete vedere in questa breve compilation rendono perfettamente l’idea. Fuori, di giorno, botte e lacrimogeni “illegali”, come quello che esplose vicino a me facendomi svenire; il pomeriggio e la sera a Bolzaneto e alla Diaz bastonate e torture “cilene”. Contro obiettivi presi a caso. Come il figlio di un mio collega che a forza di calci con gli anfibi ha dovuto subire un delicato intervento ai testicoli. Un giovane timorato di Dio, tutto casa, parrocchia e oratorio. La Diaz e Bolzaneto resteranno per sempre una macchia e una ferita subita anche da chi lotta tutti i giorni, mettendo a disposizione la propria vita, contro la criminalità e contro il terrorismo. Come quegli operatori di polizia che, in una azione congiunta internazionale, di notte arrestarono gli obiettivi veri: 350 tute nere provenienti da tutto il mondo che avrebbero trasformato Genova in una carneficina. La follia di Bolzaneto e della Diaz è stato uno sputo in faccia anche a loro
Marco Gregoretti
PHOTOGALLERY GENOVA 19-22 LUGLIO 2021