Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. 28 anni fa, il 20 marzo 1994, i due giornalisti furono uccisi a Mogadiscio. La verità si conosce. Ma raccontarla fa ancora tanta, tanta paura. Soprattutto agli assassini e ai loro mandanti

Ilaria Alpi
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Sono pieno di materiale nel mio archivio sull’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, “sporca missione” portata a termine a Mogadiscio il 20 marzo 1994, 28 anni anni fa, da mani lordate di sangue per occultare e nascondere le mille schifezze che i due eroici giornalistici avevano scoperto. I colpevoli si conoscono molto bene, in realtà, ma i loro nomi verranno mai fuori? La Commissione parlamentare d’inchiesta fece un pessimo lavoro e di fatto insabbiò, soprattutto laddove c’erano domande chiare a cui rispondere. Una su tutte: chi ha ordinato quel brutale duplice omicidio? Giorgio e Luciana, i genitori di Ilaria, sono morti senza sapere chi ha ucciso la figlia, ma l’avevano intuito, nonostante le finte sirene amiche. A loro venne dato il contentino dell’arresto all’aeroporto di Fiumicino di un giovane somalo che era venuto a testimoniare per una delle vicende, peraltro documentate da Ilaria, legate ai comportamenti disumani e illegali dei militari italiani in missione. Quell’arresto apparve immediatamente una farsa. Ma il poveretto si è fatto lo stesso 17 anni di galera nelle nostre celle, per poi essere liberato con tante scuse: “Scusaci, ci eravamo sbagliati”. Il tempo di far sparire chissà quali prove e, magari, chissà quale testimone. Alcuni pezzi di verità sono contenuti nel diario che il maresciallo del Tuscania Francesco Aloi, (Carabinieri paracadutisti), reparto che durante la Missione di pace (Restore Hope-Ibis: doveva mettere mettere fine al conflitto tra i signori della guerra Aidid e Alymadi che insanguinava la strada che da Mogadiscio corre fino al Bosaso passando per Balad), aveva compiti e funzioni di polizia militare. Aloi, morto nel 2012 a causa di una malattia contratta con ogni probabilità a causa dell’Uranio impoverito, già presente in Somalia, conosceva bene Ilaria Alpi. E alcune pagine del suo esplosivo diario sono dedicate a lei. In questo blog l’ho già proposto. Oggi lo ripubblico (Cliccate su DIARIO FRA c o su DIARIO pdf) e aggiungo anche un mio vecchio articolo che scrissi sul settimanale Panorama il 22 gennaio 1998 e che trovate qui sotto. Uno dei tanti…
Marco Gregoretti
Diario Frac
Diario FA (bassa def.)

Testata Panorama
Data Pubbl. 22/01/1998
Numero 0003
Numero Pag. 52
Sezione ATTUALITA’
Occhiello ESCLUSIVO SOMALIA: LE PAGINE DEL DIARIO DELLO SCANDALO CHE HANNO RIAPERTO IL CASO ALPI
Titolo “ILARIA HA SCOPERTO ALTRI STUPRI … “
Autore MARCO GREGORETTI ha collaborato Giampiero Timossi
Testo
Il professor Giorgio Alpi e sua moglie Luciana hanno ancora una speranza che, espressa da due genitori, non è certo retorica: “Questa volta bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo”. E’ dal 20 marzo 1994 che combattono per conoscere almeno un pezzetto di verità sulla morte di Ilaria, la figlia, giornalista del Tg3, uccisa quel giorno a Mogadiscio insieme al collega Miran Hrovatin. Adesso, dopo un estenuante valzer di magistrati e di periti che via via si sono occupati di quel duplice omicidio, e dopo la superperizia rivelata da Panorama con la quale si stabilisce che Ilaria è stata uccisa da un colpo di pistola e non da un kalashnikov, sembra aprirsi uno spiraglio. La notte di martedì 13 gennaio il gip ha convalidato l’ arresto richiesto dal pm Franco Ionta di Hashi Omar Hassan, arrivato il giorno prima in Italia insieme con altri dieci somali per testimoniare sulle violenze subite da parte dei militari italiani durante la missione Ibis. Lo accuserebbero due testimoni, Ali Mohamed Abdi, l’ autista che il 20 marzo ‘ 94 guidava il fuoristrada su cui viaggiavano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, e un presunto componente del commando che avrebbe ucciso i due giornalisti, tal Jelle. Il movente sarebbe un tentativo di rapina. A cui credono poco, però, i genitori della giornalista. Dice a Panorama il padre: “Allora perché sulla nave Garibaldi sono spariti i bloc notes di Ilaria? A bordo non c’ erano somali, solo italiani”. Passano poche ore e l’ avvocato Douglas Duale, difensore degli 11 somali arrivati in Italia, rilascia una dichiarazione infuriata: “Ashi viene in Italia perché ha subito delle torture e lo arrestano!”. A questo punto rispunta un vecchio supertestimone che vive a Perugia da vent’ anni: Omar Ashi Dirà, lontano parente di Aidid, lo scomparso capo di una delle fazioni somale in guerra. Parla con la commissione Gallo e sostiene che Ilaria è stata uccisa perché aveva scoperto qualche traffico di armi. Avrebbe fatto anche i nomi di mandanti ed esecutori. Gallo ha trasmesso il verbale a Ionta. Sullo sfondo di lotte tra fazioni somale, servizi segreti iperattivi, comportamenti sbrigativi degli inquirenti, l’ unico bandolo della matassa resta la speranza di verità nuovamente espressa dai genitori della giovane giornalista uccisa. Insieme al motivo che, nell’ agosto scorso, ha riportato alla ribalta, dopo un lungo silenzio, il caso Alpi: il memoriale che il maresciallo capo Francesco Aloi, paracadutista del Tuscania, ha scritto sulla missione Ibis a cui partecipò tra il 16 maggio e il 31 luglio 1993 come sottufficiale della cellula G2, un reparto informazioni. Per la prima volta Panorama è in grado di pubblicare che cosa c’ è scritto – a mano e in uno stile tra il ruspante e il burocratico – su quel documento a proposito di Ilaria Alpi. A cominciare da pagina 44, dove si parla del primo incontro. “… Ho fatto la conoscenza di molti giornalisti. Tra questi c’ è una donna che mi ha colpito per la sua semplicità e la sua determinazione nel proprio lavoro a rischio della vita. Si chiama Ilaria Alpi e alloggia nell’ unico albergo aperto a Mogadiscio nord”. Spesso si incontrano e si parlano. Aloi, per non dare troppo nell’ occhio, va in albergo dalla giornalista per motivi di servizio: “A volte accompagno il sottotenente ufficiale addetto alla cellula G6 ufficio affari generali che si porta presso l’ hotel per notiziare i giornalisti…”. Una sera, proprio mentre va a trovare l’ amica giornalista, l’ allora brigadiere Aloi si imbatte in uno di quei terribili stupri da lui poi denunciati. “Mi dirigo verso l’ albergo di Ilaria… Mi chiede che cosa è capitato. Le racconto tutto, non è possibile, mi dice, nonostante anche lei sa qualcosa”. La missione prosegue. Il diario anche. Ilaria e Aloi continuano lo scambio di notizie. Finché un giorno (pagina 53): “La vedo strana. Mi bisbiglia di andare con lei… scorgiamo una luce tenue… Ci avviciniamo in silenzio, scorgiamo alcune donne somale vicine una all’ altra, sembrano terrorizzate, come se sapessero che cosa le attende, c’ è un gruppo cospicuo di militari…”. E’ l’ inizio dell’ agghiacciante racconto dello stupro di massa su una donna a cui è stato detto: “Stasera tocca a te”. “La sbattono su un tavolaccio. Le tengono i polsi e le caviglie… A questo punto imbarazzato dico a Ilaria di non guardare ponendole la mano davanti agli occhi, ma lei me la leva stizzita. Il primo abusa della donna, poi si fa da parte lasciando il posto agli altri, dopo l’ ultimo uno prende la bottiglia… Ilaria estratta una piccola macchina fotografica automatica, che comprò insieme a me, scatta una serie di fotografie, ma a un certo punto viene intravisto il flash, così ci tocca scappare”. Di stupri e violenze, secondo il memoriale, il maresciallo e la giornalista sentono parlare spesso. Troppo. “Ilaria” si legge a pagina 57 “raccoglie molte prove e informazioni da rivelarmi di voler scrivere un libro… Ha scoperto altri stupri… Pare che abbia anche scoperto essere in atto traffici di armi che dall’ Est passando per l’ Italia attraverso un corrispondente giungono al nord della Somalia distribuendosi capillarmente in tutto il paese. Ilaria probabilmente ha scoperto uno dei canali che vengono utilizzati per il traffico…”. Nel diario si parla anche di quando lo stesso Aloi dovette occuparsi delle foto pubblicate da Epoca il 15 giugno 1993 che ritraevano alcuni prigionieri somali incaprettati. In quell’ occasione, ha ricordato Aloi al procuratore Antonio Intelisano, ci fu un terribile litigio tra Ilaria e il generale Bruno Loi, l’ allora comandante del contingente italiano in Somalia per la missione di pace. Ma non fu l’ unico alterco tra i due. A pagina 67 del diario se ne racconta un altro: “Ilaria ha un’ accesa discussione con il generale Loi ed esce dall’ ex ambasciata infuriata. Dopo alcune ore si ripresenta e non viene fatta entrare. Ilaria inferocita insiste, l’ Ufficiale alza la voce e la maltratta. Ilaria minaccia di mandare in onda quanto successo e altro al “Tg3″ delle 14. Io rimango impietrito chiedendomi che cosa sia successo”. Certo, tutto ciò non è detto che abbia a che fare con la morte di Ilaria Alpi. Certo è che l’ ultimo capoverso dedicato a lei, tra pagina 66 e pagina 67, inquieta: “… Mi confida di aver paura. E non dei somali. Fa chiari riferimenti agli uomini del 1 Btg (Tuscania, ndr) e del 9 Btg (Col Moschin, ndr), pare che alcuni di questi ultimi appartengano alla Gladio. Dico a Ilaria di spedirmi quanto raccolto, disponendo quanto da lei ritenuto utile fare”.

Francesco Aloi

Pagina del diario su Ilaria Alpi

Cover Diario

Particolare della cover del Diario

BOX

ALOI:C’ ERANO ANCHE VERE ESECUZIONI
Che cosa ha detto veramente il testimone davanti alla commissione Gallo Sette della mattina di lunedì 12 gennaio a San Miniato, Pisa. Da una Punto grigia e da un’ autoambulanza blu dei carabinieri scendono cinque uomini. Devono scortare fino a Roma il maresciallo capo Francesco Aloi, autore del famoso diario sulla missione Ibis in Somalia. E` stato convocato dalla commissione governativa presieduta da Ettore Gallo. L’ appuntamento è alle 11 a villa Pamphili. Invece, inspiegabilmente, il gruppo si dirige da un’ altra parte, negli uffici della Croce rossa di via Toscana. E` qui che alle 15, rinviata di quattro ore sul previsto, avviene l’ audizione. Al termine, intorno alle 18.30, Gallo rilascia una dichiarazione: “Aloi non ha detto nulla”. Ecco, invece, la ricostruzione di Panorama su che cosa è successo veramente in quella stanza: uno strano interrogatorio senza troppe domande. Ore 15.20. Aloi entra, viene identificato e ripercorre le tappe che hanno portato il diario al procuratore militare Antonino Intelisano. “La mia compagna provò, senza riuscirci, anche a parlare con il comandante generale dell’ Arma, Sergio Siracusa. Tra l’ altro, aveva subito da poco un intervento chirurgico e non si poteva sedere. Lei si alzava e le ordinavano in malo modo di risedersi”. Tullia Zevi e Tina Anselmi guardano i due generali membri della commissione. “Intelisano fece un’ azione di convincimento per farmi parlare. Sei testimone di te stesso, mi disse”. Aloi a Gallo: “Mi faccia le domande che vuole”. Gallo: “Non saprei cosa chiederle. Dica lei…”. Aloi: “Il diario non è una denuncia. E` un racconto tratto da appunti quotidiani. Tutti sapevano che volevo scrivere un libro sulla mia vita militare”. Gallo: “Cosa c’ è scritto?”. Aloi: “Cercherò di farvi capire le cose salienti. Arrivato a Mogadiscio mi vennero consegnati due faldoni di atti che ho dovuto riordinare in un carteggio. Nel frattempo tenevo aggiornati gli atti che pervenivano di volta in volta. Custodivo lo schedario prigionieri dal quale venivano sottratte talvolta le schede di quelli deceduti a seguito di interrogatori”. Aloi a Roma si è portato una diapositiva. E Gallo gli chiede: “Chi è quella persona con la casacca bianca cui stringe la mano”? Aloi: “E` Ali Mahdi, presidente della Somalia”. Si riprende il filo. “Hanno cercato di mettere in dubbio la mia amicizia con Ilaria Alpi. La conoscevo bene: sia Ilaria che io siamo stati testimoni e siamo venuti a conoscenza di violenze e traffici. Non intendo solo quelle sessuali. Da queste violenze poteva derivarne la morte. E c’ erano anche vere esecuzioni. Ci sono altri testimoni che hanno fornito riscontri. Così come io ho dato riscontri a testimonianze precedenti”. Gallo: “Il 2 luglio (al check point Pasta, tre militari italiani uccisi, ndr) è accaduto per queste violenze maturate nei giorni? La morte di quella donna somala, la sera prima, non è stata dunque determinante…”. Aloi lo blocca: “Fu quello l’ episodio scatenante dell’ ira degli uomini di Aidid”. Aloi chiarisce i punti oscuri dell’ agguato subito da lui il 9 luglio a Mogadiscio. E racconta di quando il 16 ottobre scorso “mi hanno sequestrato i carabinieri”. L’ interrogatorio sembra finito. Sembra. “Un giorno a Mogadiscio venne una donna a denunciare un ufficiale, facendomi nome e cognome. Io informai il comandante, il quale mi mandò il diretto interessato. Quando lo vidi rimasi impietrito perché questi alla vista della donna le lascio immaginare cosa fece. C’ era un testimone”. Gallo, sottovoce: “Ma Loi (il generale che comandava la missione, ndr) sapeva?”. Risposta: “Come faceva a non sapere? Tutte le sere c’ era un briefing al quale gli veniva riferito tutto”. Gallo: “Quest’ ultima parte non la verbalizziamo perché siamo tutti stanchi. Poi lei fa una relazione e me la manda”. Aloi: “Piuttosto vorrei essere riconvocato per verbalizzare in sede istituzionale. Ho moltissime altre cose da dire su persone uccise”. E conclude a sorpresa: “Quando un somalo rubava l’ arma a un militare italiano, questa veniva recuperata tramite un intermediario somalo previo pagamento di 500-1.000 dollari”. Sono le 18, il maresciallo capo Francesco Aloi firma il verbale e se ne va mentre Gallo gli dice: “Ci rivedremo”.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin