Gode il governo Meloni. È quasi certo, però, che l’arresto di Matteo Messina Denaro sia stato concordato per problemi di salute. Lo annunciò due mesi fa Massimo Gilletti in diretta a Non è l’Arena, intervistando il pentito Salvatore Baiardo. Ecco che cosa si cela dietro le latitanze dei boss mafiosi

Lunedì 16 gennaio 2023. Matteo Messina Denaro, 60 anni, latitante da 30, nel blindato dei Carabinieri subito dopo l'arresto a Palermo
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Con la fine del potere del sessantenne (Castelvetrano, 26 aprile 1962) Matteo Messina Denaro, datato Lunedì 16 gennaio 2023, si può finalmente dichiarare conclusa quella estenuante e deleteria esperienza chiamata seconda repubblica. Che iniziò tra il 1993 e il 1994, quando l’operazione Mani pulite detronizzò definitivamente Bettino Craxi, quando vivemmo la stagione delle stragi (Georgofili, Palestro), quando saltarono in aria Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, quando si “suicidò” Raul Gardini, quando scomparve Moana Pozzi, quando alla Bocconi e al San Raffaele di Don Luigi Verzè si studiò la nascita di Forza Italia, dando inizio dell’era politica di Silvio Berlusconi e quando iniziò la trentennale latitanza di MMD. Era una guerra senza quartiere tra poteri, apparati, famiglie “ufficiali”, e famiglie criminalmente organizzate.
La seconda Repubblica nasceva, dunque, sotto l’egida delle cosiddette stragi di Mafia e dell’inizio della latitanza di Matteo Messina Denaro. E finisce con la foto del boss trapanese in un cellulare dei Carabinieri. Dove è entrato, bisogna però per onestà intellettuale dirlo senza nulla togliere al coraggio degli uomini del Ros (Reparti operazioni speciali) dell’Arma, non al termine di una meticolosa indagine su strada terminata con un improvviso e millimetrico blitz, ma per una consegna di fatto volontaria, suggerita dall’aggravarsi delle condizioni di salute. Chi può escludere, per esempio, che non fossero in corso da alcuni mesi contatti tra i nostri apparati di sicurezza e gli avvocati del latitante affinché scegliesse di terminare la sua vita da ricercato numero uno in maniera mansueta in cambio di cure? Ma anche di un ripensamento de facto su leggi come l’ergastolo ostativo? Chi può smentirlo? A riascoltare alcune parole dette durante talk show televisivi di successo, già a novembre del 2022, potremmo avere sorprendenti conferme di questa ipotesi. A Non è l’Arena di Massimo Giletti, intervistato direttamente dal conduttore della trasmissione, il pentito Salvatore Baiardo, disse esplicitamente: “MDM sta male. Lo arresteranno per questo. Sarà un bel regalino al governo appena insediato, he magari toglierà l’ergastolo ostativo a qualcuno senxa fare troppo clamore”. La modalità dell’arresto da ragione a Baiardo: avvenuto senza nessun tipo di resistenza nel day hospital di una struttura sanitaria, la clinica privata La Maddalena di Palermo. Dove il boss entrava esibendo un documento falso, intestato ad Andrea Bonafede, probabilmente più per non far avere grane ai sanitari che per celare la propria potente identità. Tant’è che quando il Carabiniere si è avvicinato, è stato lui stesso a dire: “Mi chiamo Matteo Messina Denaro”.

Totò Riina, morto il 22 novembre 2017, all’età di 87 anni

La sfilza di domande è infinita. Ed è ovvio che la più clamorosa riguardi la strana tipologia di latitanza di Totò Riina, morto 22 novembre 2017, a 87 anni, di Bernardo Provenzano, scomparso il 13 luglio 2016, a 83 e di Matteo Messina Danaro. Riina andava regolarmente a lavorare, non si mosse praticamente dalle sue zone, si sposò e fece quattro figli. Di Bernardo Provenzano, forse il più potente, si disse perfino che ne passò una parte in una struttura di apparati investigativi. Quelle parole che pronunciò quando lo misero in manette davanti alle telecamere: “Voi non sapete che cosa state facendo”, suonarono davvero inquietanti.
Bernardo Provenzano, scomparso il 13 luglio 2016, quando aveva 83 anni

E adesso l‘ultimo, che per 30 anni si è mosso come una salamandra nel suo “Stato” mentre lo Stato diceva di cercarlo ovunque senza riuscire a beccarlo. Difficile, davvero difficile da comprendere. Ma, forse, la risposta sta nello straordinario potere nazionale e globale che alcune storiche organizzazioni criminali sono riuscite a creare, mettendo a terra una ragnatela di protezioni e di complicità. Oppure, a un certo punto la Mafia è diventata talmente osmotica con il potere “dalla faccia pulita”, che comanda il mondo, che non ha più bisogno di figure potenzialmente fuori moda. O, ancora, forse la verità è quella raccontata dalla de-secretazione degli archivi di M15 e M16, dove si raccontano gli accordi del 1947, grazie ai quali Urss, Uk e Francia, imbrigliarono il nostro Paese. In cambio della narrazione che avevamo vinto la guerra anche se l’avevamo persa, fu deciso che mai e poi mai noi avremmo potuto avere una totale sovranità politica, economica e in materia di intelligence (se non si conosce questo pezzo di storia non si può capire l’estenuante e ridicola battaglia tra cosiddetti antifascisti e cosiddetti sovranisti). Secondo gli archivi dell’intelligence britannica esisterebbe anche un elenco di intoccabili italiani: singoli e famiglie che in Patria avrebbero potuto fare la qualsiasi, senza subire conseguenze. Per alcuni immarcescibili brand industriali, banchieri ancora in auge, finanzieri senza scrupoli, è assai evidente. Ma che nell’elenco ci sia anche qualche capo mandamento che diede una mano?
Tornando al concreto presente: il silenzio di Matteo Messina Denaro sarà anche la misura della politica. Se alcuni nomi pesanti pian piano usciranno di scena sarà chiaro il perché
Marco Gregoretti