Lavorare tanto? Piuttosto il carcere! Ecco perché un 38enne brianzolo, accusato di omicidio stradale, ha chiesto di andare via dalla comunità in cui era in affidamento e di essere riaccompagnato dai Carabinieri in cella. L’articolo che ho scritto per Libero di mercoledì 12 aprile 2023

Riportatemi in cella! L'articolo di Libero di mercoledì 12 aprile 2023
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Lavorare stanca, appuntava Cesare Pavese. “Meglio il carcere” ha aggiunto, in questi giorni, un uomo di 38 anni arrestato nel 2019 per omicidio stradale e omissione di soccorso, reati contro la persona e contro il patrimonio e accusato anche di evasione e di resistenza a pubblico ufficiale, che da cinque mesi stava scontando i residui di pena affidato in prova a una comunità in Brianza.
Sfatto dalla fatica avrebbe chiesto, supplicante “Per favore riportatemi in cella, non reggo ritmi così soffocanti”. Troppo duro il lavoro “sociale” per questo pregiudicato brianzolo che nel maggio del 2019, all’uscita di Monza centro della statale 36, in direzione Milano, aveva investito un ragazzo di 22 anni, appena sceso dalla sua auto dopo un tamponamento. Per il giovane non ci fu niente da fare, mentre l’investitore scappò senza prestare soccorso alla vittima. I Carabinieri di Besana lo arrestarono e il Tribunale lo condannò ordinandone la detenzione nel carcere di Monza. Poi, il 21 novembre del 2022, la lieta novella: “Andrai in affidamento a scontare il resto della pena”. Sulla carta la comunità scelta nel territorio brianzolo (per ragioni di sacrosanta privacy non scriviamo quale e dove) gode di ottime referenze e nel consiglio figurano nomi di prestigio anche del mondo culturale. E, in effetti, a quanto risulta a Libero, la buona nomea sarebbe assolutamente meritata: si tratta di una struttura molto seria. Forse troppo per l’omicida stradale che ha chiesto di tornare in prigione. “Meglio la cella che tutto quel lavoro” avrebbe sussurrato ai Carabinieri quando sono andati a prelevarlo per riportarlo presso la Casa circondariale di Monza. Gli ospiti, in effetti, sono impegnati davvero e non solo in teoria. Il percorso di recupero passa attraverso una gestione meticolosa, ritmata e, dicono gli stessi Carabinieri “estremamente attenta”. In prevalenza le attività che si svolgono all’interno sono di carattere manuale. E le giornate vengono ritmate da regole precise e applicate rigidamente. Niente droga, bandito l’alcol. Si possono fumare al massimo 15 sigarette al giorno, (7 quelle offerte dalla comunità se non ci sono parenti che le portano), ma bisogna di volta in volta chiederle alle assistenti, perché sono loro a tenere i pacchetti. Ancora: sveglia, pranzo e branda sempre, puntualmente, all’ora stabilita dal programma della Comunità. E, come se non bastasse, i contatti con l’esterno sono regolamentati al minuto. Meglio il dolce fare nulla del carcere? Mah… Certo è che il 38 enne brianzolo non è il primo a non aver resistito nella struttura “alternativa” che lo ospitava. Due mesi fa, si verificò un caso del tutto simile con un’altra persona che chiese di abbandonarla preferendole la prigione e gli agenti della Polizia penitenziaria alle operatrici che lo seguivano. Secondo il 38 enne brianzolo accusato di omicidio stradale,, d’altronde ci sarebbe anche questa spiegazione: “Sono tutte donne qui! E le donne sono severe, non transigono”. Certo, sanno bene che “il lavoro nobilita l’uomo” e rende liberi. Quindi, rassegnatevi, affidamento sociale significa farsi il mazzo… Che è ciò che succede nella vita “normale”. Tutti i giorni.
Marco Gregoretti