Polpette avvelenate. Meglio un finto scoop in meno che una figura di merda in più. Quando la notte porta consiglio

Polpette avvelenate. Attraggono, sono belle e colorate. Ma uccidono. Anche i giornalisti troppo ambiziosi
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È la stampa bellezza… Questa notte alle due ho ricevuto una telefonata, diciamo così, di carattere investigativo da una persona incazzata con un’altra persona che mi aveva fatto conoscere dicendomene un gran bene. Non ci ho capito una mazza: dormivo (cazzo, uno scoop: dopo mesi ero riuscito ad addormentarmi prima delle quattro. E siccome mi alzo alle sei e mezza…). “Quello mi ha preso per il culo! Non deve prendermi per il culo!”. E io: “Non ho capito. Spiegami”. “Non c’è niente da spiegare buona notte”. Il tema? Uno dei fatti più sconvolgenti della storia d’Italia su cui l’altra persona mi aveva rilasciato una lunga intervista video (di due ore) e scritta (bella lunga!). Alle tre e 40, dopo l’incazzatura incomprensibile di uno, mi scrive l’intervistato, cioè l’altro, titolare di “rivelazioni clamorose”. “L’intervista la taglio io e la faccio vedere all’avvocato” “Ma come! Fino a ieri sera era: ti scrivo le risposte e tu fanne ciò che vuoi, sistemale, tagliale”. Un cambio a 360 gradi. E che minchia è successo? Boh. Ah, ecco. Ma caxxi loro.
Io ho una regola: mai trascurare lo scenario che non ti torna, con elementi, situazioni, parole che sono fuori contesto. Che non c’entrano: è in quegli anfratti che si nascondo le polpette avvelenate. Quel che mi ha suggerito il mio istinto è stato: “Marco, anzi, Greg, qui mi puzza. Che cosa c’entra una capriola così? Stattene alla larga”.
Ho avvertito il giornale per cui avevo fatto l‘intervista: “Guarda, meglio soprassedere, per ora: voglio vederci chiaro. Lo dico con fatica immensa e in qualche modo contro il mio orgoglio professionale. Ma ho segnali che non mi tranquillizzano. Né per me, né per il giornale”. Io cerco di essere una persona seria e un giornalista attento. La manipolazione da parte di chi è abituato allo schema mentale del sospetto, della dietrologia su tutto, fino a farlo diventare una veste, a farlo entrare nel dna, è un rischio che corriamo noi cronisti, che rischiamo di subire. Alziamo tutte le antenne. Lo suggerisco anche a quei volitivi colleghi giovani che sgomitano: non fatevi usare da chi fa leva sul vostro naturale narcisismo. Meglio un finto scoop in meno che una figura di merda in più.
Greg