Quei gas “assassini” sparati sui cortei nel 2001 a Genova

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Un documento quasi storico. Ma molto attuale. Salta fuori dal mio archivio ed è datato 28 febbraio 2002. Racconta che cosa successe a chi, il 19, 20, 21 e 22 luglio 2001, durante le manifestazioni che contestavano i grandi del G8 riuniti a Genova, respirò i gas emanati dai lacrimogeni sparati da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, anche dagli elicotteri, secondo alcune testimonianze, sui manifestanti. Si trattava di candelotti proibiti in molti Stati per la loro pericolosissima tossicità per via di componenti altamente nocivi, sperimentati in alcuni teatri di guerra contro la popolazione civile e più volte finiti nei rapporti e nelle segnalazioni di Amnesty International. A Genova la magistratura avrebbe accertato che ne sarebbero stati esplosi 6200 nel giro di 24 ore. Molti di questi in zone strette e prive di vie di fuga, come i sottopassaggi vicino a via Tolemaide.
Il 20 luglio, mentre correvo verso piazza Alimonda, dove stava per essere colpito a morte da un proiettile sub sonico Carlo Giuliani, impattai anche io uno di questi candelotti. Mai mi era successo niente di simile. Eppure, tra manifestazioni e concerti rock, tra la fine degli anni sessanta e la prima metà dei settanta, di gas sparati per disperderci ne ho “respirati” un bel po’. Quel giorno, a Genova, un candelotto esplose molto vicino a me. Finii a terra, praticamente svenuto, in un piccolo “budello” in prossimità di un distributore di benzina. Mi ripresi mentre sentivo vaga, come fosse lontana, la voce di un gentile signore che, mentre mi rovesciava acqua fredda in faccia, cercava di accertarsi sulle mie condizioni. Fortunatamente buone. Mi rialzai e arrivai in piazza Alimonda dove, nel frattempo, in quei pochi istanti Carlo Giuliani era stato ucciso. Appresi poi, dalle testimonianze raccolte e dalla preziosa collaborazione di un giovane collega che sul tema scrisse anche un libro (perdonatemi, non ricordo il suo nome) che quelli erano candelotti “assassini“. Ci lavorai, dunque, giornalisticamente. E venni in possesso del documento di cui vi propongo il testo integrale, oscurando, ovviamente, la fonte. Brevi testimonianze. Speriamo di non doverne leggere più. E di sapere che fine hanno fatto le denunce di chi finì in ospedale per colpa di quei gas.
Marco Gregoretti

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S.T. 49 anni operaio
Abbiamo osservato quello che stava succedendo: gli uomini della polizia guidati da un
uomo vestito di blu, in maniche corte, comunque non in divisa, imbracciavano gli spara
lacrimogeni e tenevano fra le mani delle specie di estintori dai quali proveniva un gas di
colore giallo che toglieva il respiro. Cominciava così la carica verso il corteo che si
avvicinava pacificamente.
Sul marciapiede vi erano molte persone che fornivano a me ed a mio figlio del limone per
difenderci dai gas lacrimogeni . La pioggia di lacrimogeni era fitta ed insistente e mio
figlio, preso da un attacco di panico ha cominciato ad urlare perché non riusciva più a
respirare. Subito dopo è svenuto. Io l’ho preso in braccio ed ho cercato di allontanarmi
dalla folla ed ho cominciato a premere sul suo petto per farlo rinvenire. L’ho appoggiato al
muro per cercare di difenderlo e poi l’ho trascinato lontano dalla carica.
C.V. 43 anni insegnante
C’era un fumo insopportabile e su di noi una cascata impressionante di colpi.
Sentivo chi ci picchiava ansimare forte sotto sforzo e intanto continui colpi abbattersi sullo
zaino voluminoso e pieno che portavo sulla schiena. Ricordo di aver pensato che se quei
colpi arrivavano alla testa era finita.
Sentivo il corpo di M. rannicchiarsi e sentivo i suoi lamenti “Basta! Basta! Adesso basta!” e
altre due urla di donne.
Provavo ad alzare un po’ la testa, perché gli occhiali da vista che portavo mi si stavano
schiacciando contro le ginocchia; proprio in quel momento, aprendo gli occhi, vedevo
arrivarmi vicino al viso sul terreno un candelotto lacrimogeno, veloce raso terra, come
spinto sotto al mucchio dei nostri corpi.
Mi sono sentita completamente bruciare dentro, ho pensato che stavo morendo bruciata e
soffocata, ho cercato di stare in apnea per non inspirare: capito che non potevo resistere mi
sono divincolata per alzarmi di lì, cosa che in quel momento tutte le altre evidentemente
stavano facendo giacché tutto il gruppo si rialzava e i colpi erano finiti.
Non si vedeva più nulla; ero di nuovo stretta per mano a M. e con lei, barcollando senza
riuscire a respirare, mi sono buttata a destra per una scaletta che si apriva lungo il
parapetto e portava al giardinetto
D.B. 60 anni psicologa
Dai giardini sopra di noi cominciarono a volare i primo lacrimogeni sulla folla seduta, altri
piovevano dagli elicotteri ed ho avuto la sensazione che altri provenissero dal mare.
Appena scoppiarono il servizio d’ordine cercò di mantenere calma la folla gridando che
erano inoffensivi e che facevano solo piangere, che restassimo calmi. Il fumo acre rendeva
ciechi poi qualcosa sulla pelle e nella trachea cominciò a bruciare. Cominciarono i primi
conati di vomito. La folla si alzò impazzita ed in una massa compatta, cieca ed urlante
cominciò a correre. Badai a non farmi schiacciare e a non cadere e così fui trascinata da
questa corrente umana per più di cento metri. Poi riuscii ad uscire, mi accostai al bordo dei
giardini cercando di vomitare e vidi le forze dell’ordine che picchiavano i dimostranti che
cercavano di uscire nella via laterale.
F.B. 52 anni insegnante
Subito prima della scala e proprio davanti al blocco della polizia, io e Loredana ci siamo
sentite soffocare e abbiamo sentito anche un gran prurito, come se mi avessero spruzzato
addosso qualche sostanza di cui non saprei dire. Consapevole di soffrire d’asma mi ero
preoccupata di aumentare le dosi usuali a scopo preventivo. Comunque un attacco di
asma così improvviso e violento non lo avevo mai provato e ho temuto veramente per la
mia vita. Per fortuna lì vicino c’era un autoambulanza ed il personale sanitario mi ha
subito soccorsa con l’ossigeno e trasportandomi in ospedale nella stessa autoambulanza in
cui veniva soccorsa L.P. a causa di una grave crisi di panico;
G.M. 51 anni insegnante
Davanti a me, tra la vegetazione ho intravisto e sentito che si verificavano aggressioni
fisiche ai danni di qualcuno che gridava. Pochi metri dietro di me, il numeroso gruppo
dove si trovava anche Chiara era addossato contro il muro del palazzo d’angolo con via
Assarotti e ad un muretto che si affaccia su una scalinata in discesa: tutti avevano le
braccia alzate e alcuni continuavano, sia pure ostacolati dall’effetto dei lacrimogeni, a
gridare lo slogan “nonviolenza, nonviolenza”. Anche io ho alzato le braccia.
Pochi attimi dopo ho visto sulla mia destra, nella carreggiata laterale della piazza,
avanzare emergendo dal fumo un gruppo di 10-15 poliziotti in assetto antisommossa.
Dopo alcuni istanti un agente, evidentemente il capogruppo, ha indicato ai suoi colleghi le
persone, quasi esclusivamente donne, che si trovavano lungo il muro; gli agenti hanno
quindi sparato alcuni candelotti, uno dei quali è passato a 2- 3 metri da me, ad altezza
d’uomo. Quasi contemporaneamente gli agenti si avventavano brandendo i manganelli e,
coperti di corsa i pochi metri che li separavano dalle manifestanti, cominciavano a colpirle
selvaggiamente. A 4 o 5 metri da me ho visto molte persone tenere ancora le mani alzate
sotto i primi colpi, ma ben presto tutti sono stati costretti a rannicchiarsi a terra per
proteggersi per quanto possibile; alcuni sono stati gettati a terra dagli agenti, che
comunque hanno continuato a colpire a lungo, concentrandosi anche in parecchi, a turno,
sullo stesso gruppetto di persone che cercavano di ripararsi stringendosi l’un l’altra. Come
alcuni altri intorno, ho cominciato a gridare “basta, basta!”, e anche molte delle vittime
gridavano. Ricordo di aver visto ad un certo momento, tra me e gli agenti che picchiavano,
un fotografo con il casco che riprendeva la scena; quando alcuni agenti se ne sono accorti
hanno aggredito anche lui, colpendolo con violenza con i manganelli e con calci mentre
cercava di allontanarsi, e cercando anche di distruggere la camera. L’ultima immagine che
mi è rimasta impressa di quei momenti è quella di una foresta di manganelli che si abbatte
su un mucchietto di persone schiacciate, accompagnata da tonfi sordi e da grida.
Nel frattempo il fumo dei lacrimogeni si era fatto insopportabile, e anch’io sono dovuto
fuggire in una stradina laterale per riprendermi.
G.F. 46 anni insegnante
Devo dire che tutti siamo però riusciti a controllarci, incitandoci reciprocamente a farlo e
cercando di dominare il nostro panico per evitare di travolgerci e compiere noi stessi la
strage che forse qualcuno aveva pensato per noi! In questa situazione – in cui nessuno di
noi aveva manifestato il benché minimo atteggiamento pericoloso – cominciarono a
piovere dagli elicotteri che volavano poco sopra le nostre teste, i lacrimogeni con il loro
fumo acre che ti fa sentire i polmoni sul punto di scoppiare, la pelle e gli occhi che
bruciano. Non so come, mi è rimasta la capacità di ironizzare sul fatto che stavo per fare la
fine che ho sempre ritenuto fra le più spaventose: travolta e calpestata dalla folla in preda
al panico. Sentivo me stessa e gli altri gridare: Non violenza…non violenza mentre
indietreggiavamo con le mani alzate e la persecuzione continuava.
I.M. 44 anni
Sì, sì è meglio allontanarsi. Giro la schiena, voglio sistemare la macchina fotografica nello
zaino, ma mi rendo conto che non ce la faccio. Incomincio ad essere compressa dalla folla;
arrivano lacrimogeni da tutte le parti. Sopra di noi gli elicotteri comprimono i fumi, non
riesco più a respirare. Con Paola, la mia amica ci prendiamo per mano: La cosa più
importante non è mollarci. La pelle mi brucia.
“Ma sono matti !Che cosa vogliono fare? Una strage?
Da qui non se n’esce vivi.. ma è impossibile.. in Italia non succedono queste cose. Adesso
basta però !Adesso devono smetterla!Ma i lacrimogeni continuano, li vedo cadere vicino a
me, è importante rimanere in piedi, guai cadere. Ho paura.
Mi vengono sforzi di vomito.
M.F. 31 anni infermiera
Da questa posizione si poteva vedere chiaramente la gente che indietreggiava e si poteva
vedere il lancio di lacrimogeni dall’elicottero della polizia direttamente sui manifestanti.
Capisco che per noi la manifestazione era finita.
M.R. 34 anni impiegato
Abbiamo visto che i lacrimogeni cominciavano ad arrivare troppo vicini, siamo discesi per
delle scale che collegavano la stradina in salita con la via principale e siamo tornati dove
c’era il resto del corteo. I lacrimogeni arrivano sempre più vicini, tutto il corteo cercava di
indietreggiare, una marea di gente ammassata che cercava di tornare sui propri passi. Mi
sono girato verso il resto del corteo e vedendo questa marea di gente che retrocedeva ho
pensato al rischio di calpestarsi. Ho pensato che fosse meglio sdraiarsi ed aspettare che il
fumo dei lacrimogeni cessasse, ed ho perso il mio gruppo. Mi sono sdraiato in un aiuola
spartitraffico assieme ad altri del corteo. Mi sono sdraiato a faccia in giù e mi sono coperto
le vie respiratorie con la maglietta, perché mi sembrava di soffocare. Il fumo era intenso e
bruciava, anche i polmoni bruciavano.
P.G. 48 anni
E’ successo tutto tanto velocemente che non mi capacitavo di quanto stava accadendo: era
cominciata una fuga generale sotto i lacrimogeni che stavano arrivando, a pioggia, sparati
proprio dentro al corteo. In breve tempo l’aria si è fatta irrespirabile. Chiusa in quella
calca, con gli occhi e la pelle che mi bruciavano, mi sentivo soffocare. Unico sollievo, la
mano dell’amica, che continuavo a stringere. Temevo di cadere, di venir travolta, avevo
paura di venir colpita da un lacrimogeno. Sentivo delle persone attorno a me implorare
“acqua” e chiedere aiuto. Il bruciore agli occhi e alla pelle persisteva; continuavano
soprattutto l’insopportabile sensazione di soffocamento e la pressione della gente. Mi
sembrava che non avrei retto ancora per molto in quelle condizioni. Iris aveva conati di
vomito e tossiva. Tutti ammassati, girate le spalle a piazzale Kennedy, tornavamo indietro,
nel fumo, cercando di non farci male a vicenda.
P.L. 57 anni impiegato
La pressione della folla era aumentata a tal punto che ho pensato – con lucida paura e ciò
dico perché non era un’idea suggerita dal panico – che potesse avvenire una strage. Infatti
non era più possibile governare in alcun modo la propria andatura, si era come un fiume
in piena e senza sbocco. Se qualcuno di noi fosse caduto a terra non sarebbe stato possibile
non calpestarlo, nessuno avrebbe infatti potuto fermarsi né divergere di un millimetro
dalla traiettoria in cui si trovava sospinto. Per effetto dello schiacciamento si respirava
malissimo, e quello che finiva nei polmoni era fumo di lacrimogeni.
S. C. 32 anni insegnante
Giungono rinforzi su diversi furgoni, la polizia inizia una violenta carica lanciando un
numero impressionante di lacrimogeni ad altezza uomo e fra le gambe delle persone.
E il fumo si levava sempre più inesorabile. Mi sento in guerra. Tutto brucia, fuori e dentro
di me. Mani alzate, testa china. “Ma perché? Io non ho fatto nulla di male! Io!”. Sento la
mia dignità di persona fatta a pezzi, mi sembra di essere prigioniera di guerra, una
profuga innocente.
F.C. 52 anni artigiano
Dai giardini sopra di noi cominciarono a volare i primo lacrimogeni sulla folla seduta, altri
piovevano dagli elicotteri. Appena scoppiarono i lacrimogeni, il servizio d’ordine cercò di
mantenere calma la folla gridando che erano inoffensivi e che facevano solo piangere, che
restassimo seduti e calmi. Il fumo acre rendeva ciechi poi qualcosa cominciò a bruciare
sulla pelle e poi nella trachea. All’improvviso ero diventato cieco e soffocavo.
Cominciarono i primi conati di vomito. La folla si alzò impazzita ed in una massa
compatta, cieca ed urlante cominciò a correre.
D.F. 37 anni
Julia piangendo cerca di chiamare suo marito, ma arriva improvvisamente l’elicottero su
di noi, ho visto una luce verde con una coda di fumo scendere sulle nostre teste, un attimo
dopo solo fumo incapacità di respirare, gente che corre ed urla. Adesso tutti scappano e
urlano non si respira più la gola e gli occhi bruciano, ci mettiamo una maglia sulla bocca e
cominciamo a correre, correre.
Arriva un gruppetto, comminano come zombi, occhi e visi gonfi dai lacrimogeni e terrore
stampato in volto.
L.R. 49 anni insegnante
La polizia, in corsa verso il corteo, svuotato di “tute nere” ha lanciato in ogni direzione,
compresa la nostra, lacrimogeni ad altezza d’uomo in numero elevato ed in continuazione.
Ci siamo sentiti soffocare e bruciare intensamente la gola, impossibilitati a vedere
nonostante gli occhiali da sola, barcollando in cerca di aria e di acqua per alleviare il
dolore. Tutti tossivano e sputavano.
(Marco Gregoretti)