IL CONI PAGAVA LA FABBRICA DEL DOPING?

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  • Testata            Panorama
  • Data Pubbl.     08/10/1998
  • Numero           0040
  • Numero Pag.   65
  • Sezione            ATTUALITA’
  • Occhiello         ESCLUSIVO PESCANTE E CONCONI INDAGATI DALLA PROCURA DI FERRARA
  • Titolo  IL CONI PAGAVA LA FABBRICA DEI DOPATI?
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

DOPING:

Una “fabbrica” per costruire super-atleti. Il fisico di giovani promesse, ma anche di sportivi in gara alle olimpiadi, “truccato” con sostanze mediche e metodi off-limits per lo sport. E il tutto finanziato, dal 1980 e fino ai giorni nostri, dal Coni. Con almeno 3 miliardi e 500 milioni versati a favore dell’ università di Ferrara con un’ unica finalità: sfornare campioni grazie al supporto di un laboratorio superattrezzato. E’ un’ ipotesi inquietante, già accompagnata da alcuni riscontri, su cui sta lavorando la procura di Ferrara, che ha ereditato nel marzo ’97 un voluminoso fascicolo dai colleghi di Arezzo. L’anno nero dello sport italiano si arricchisce così di un nuovo e clamoroso capitolo doping. Attualmente sono iscritti nel registro degli indagati, oltre a un nutrito numero di consulenti tra cui quel dottor Michele Ferrari già indagato dalla procura di Bologna, due nomi grossi. Si tratta di Mario Pescante, presidente dimissionario del Coni, e del professor Francesco Conconi, biochimico di fama mondiale, per vent’ anni guru della medicina sportiva italiana e appena eletto rettore dell’ università di Ferrara. Gli inquirenti ipotizzano vari reati (tra questi la somministrazione di farmaci nocivi per la salute) consumati con il paravento della sperimentazione e della ricerca, da 18 anni a questa parte. Secondo gli investigatori, infatti, tutto ebbe inizio nel lontano 1980. Erano da poco finite le Olimpiadi di Mosca. Il 14 agosto di quell’ anno Conconi scriveva una lettera all’ allora segretario generale del Coni, Pescante. Due cartelle e mezzo per offrire esplicitamente una convenzione tra il Coni e l’ ateneo ferrarese. Nel documento si proponeva di allestire una struttura che studiasse piani biennali di preparazione olimpica “coinvolgendo direttamente atleti, tecnici e federazioni interessate”. Che non si trattasse della pia intenzione di escogitare solo sistemi di allenamento naturali lo si evince poche righe più avanti quando si richiede di stabilire il compenso per tre biologi e tre medici: fra di loro uno del Centro trasfusionale. E a che titolo? Quale apporto può dare? Ma Conconi è deciso. Spiega che le discipline che possono trovare immediati riscontri vantaggiosi sono ciclismo, canoa, sci di fondo, pattinaggio su ghiaccio, nuoto, boxe. Il 7 luglio 1981, all’ unanimità (10 voti su 10 presenti), la giunta esecutiva del Coni delibera il primo stanziamento: 80 milioni “per l’ approfondimento di ricerche applicate a diverse discipline sportive”. L’ accordo è che si approfondiscano gli effetti della “variazione della concentrazione di emoglobina sulle prestazioni degli atleti”. Sono gli anni dell’ emoautotrasfusione: prelevare il sangue durante l’ allenamento, conservarlo a 80 gradi sotto zero e reiniettarlo poco prima della competizione. Una pratica dichiaratamente sostenuta da Conconi. E questo nonostante i molti dubbi che erano stati manifestati da più parti. Tanto che, nel 1985, l’ emoautotrasfusione venne messa fuori legge come doping vero e proprio. Troppo tardi: nel frattempo era stata già “sperimentata” su un centinaio di atleti. Su alcuni di questi gli effetti furono deleteri: cinque sciatori di fondo presero l’ epatite, molti altri ebbero problemi di salute. Eppure, il 24 maggio 1984 la giunta esecutiva del Coni (delibera numero 743) stanziò altri 50 milioni per l’ acquisto di una “centrifuga refrigerata” e di un “congelatore da laboratorio a -80 gradi”, esattamente la temperatura che serve per conservare il sangue (vedere riquadro a pagina 65). Non basta: sebbene nel 1985 togliersi e rimettersi il sangue a piacimento fosse diventato per legge doping, molti sportivi professionisti hanno confermato e testimoniato di essere stati emoautotrasfusi per altri tre anni. Almeno fino all’ 88 cioè, nel centro di Ferrara finanziato dal Coni, si sarebbe andati avanti con una forma di potenziamento fuorilegge. Ecco perché i finanziamenti del Coni all’ università di Ferrara appaiono oggi di particolare gravità. Quei 105 milioni del 29 dicembre 1986, quegli altri 860 dell’ anno dopo compaiono in delibere e relazioni di attività dove si parla di studi sul livello di testosterone, di valutazioni su atleti adolescenti maschi e femmine. E ancora: interi paragrafi dedicati agli effetti della somministrazione di steroidi anabolizzanti sulla potenza metabolica in mezzofondisti. Fino a quel programma di spesa previsto per il quadriennio 1995 -1998. Fondi destinati allo studio della creatina, a un servizio studi per lo sviluppo della resistenza all’ esercizio protratto per sciatori, ciclisti, atleti, calciatori. E per l’ acquisto di “materiale di consumo”. Ovvero, oltre al resto: 100 dosaggi di ormoni testicolari, ovarici, ma anche proteici come il temibile Gh (l’ ormone della crescita) e la tanto discussa Epo. Steroidi anabolizzanti, testosterone, ormone della crescita, Epo: è un elenco di sostanze tassativamente proibite. Insomma, a leggere i protocolli tra il Coni e l’ università salta fuori che per anni sono state comprate e provate sostanze inserite nell’ elenco dei farmaci dopanti. Certo è ancora presto per dire che si fabbricavano mostri. Ma, per esempio, se a Ferrara si faceva solo sperimentazione scientifica anche sulla creatina con i soldi del Coni, come mai la stessa procura antidoping del Coni è caduta dalle nuvole quando questa estate si è parlato dell’ uso di creatina nel calcio concludendo che se usata in dosi eccessive fa male?

 

BOX

QUEI RECORD VENUTI DAL FREDDO

Un frigorifero per conservare il sangue. Ma non era vietato? L’ allenatore di una squadra femminile dichiarò pubblicamente che una sua atleta per tre anni di seguito, dall’ 84 in poi, fu tenuta fuori squadra perché si rifiutava di praticare l’ emoautotrasfusione proposta da Francesco Conconi. Come dire: la pratica era in voga anche dopo il 1985, anno della messa fuori legge dell’ emoautotrasfusione. Per i magistrati di Ferrara, quindi, assai probabile che la centrifuga refrigerata e il frigorifero a – 80 gradi acquistati dal Coni, con i soldi stanziati dalla delibera riprodotta qui a fianco, abbiano conservato il sangue degli atleti anche dopo le disposizioni del Cio del 1985. ECCO PERCHE’ IL CONI FA GOLA A TANTI Miliardi da gestire, milioni di tesserati… Un centro di potere più ricco di un ministero 1.084 MILIARDI è la cifra a cui ammontano le entrate del Coni nel 1997. 553 MILIARDI gli introiti ‘ 97 dal Totocalcio. 432 MILIARDI le entrate dal Totogol. 47 MILIARDI è il passivo accertato del 1997. 39 le federazioni sportive affiliate che ricevono ogni anno contributi dal Coni. 8 MILIONI gli atleti tesserati al Coni attraverso le 66.351 società sportive affiliate alle federazioni sportive nazionali (Fsn). Di questi gli atleti di attività giovanile sono 3.350.000, i praticanti amatori 2.935.000 e 1.673.000 gli atleti agonisti. 2.842 i dipendenti dislocati tra la sede centrale, 130 sedi periferiche, 39 federazioni sportive e 14 zone Totocalcio. 52 gli impianti sportivi di proprietà Coni in Italia. 150 MILIONI di lire lo stipendio annuo del presidente del Coni. 125 MILA lire lorde ai componenti del consiglio nazionale e della giunta esecutiva per ogni giornata di presenza in occasione di riunioni. Il presidente del Coni è nominato, ogni quattro anni, con decreto del presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio, dopo una delibera del Consiglio dei ministri. La designazione avviene (attraverso una votazione) da parte del consiglio nazionale che è composto da 39 presidenti delle federazioni sportive nazionali oltre ai membri italiani del Cio (attualmente quattro).