PARLA IL FIGLIO DELLA PROSTITUTA ASSASSINATA DAL SERIAL KILLER

Condividi l'articolo
  • Testata Panorama
  • Data Pubbl. 03/12/1998
  • Numero 0048
  • Numero Pag. 75
  • Sezione ATTUALITA’
  • Occhiello STORIE DI CONFINE PARLA IL FIGLIO DELLA LUCCIOLA ASSASSINATA
  • Titolo MIA MADRE, UNA DONNA SPECIALE, UNA PROSTITUTA
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

PROSTITUTA ASSASSINATA:

E’ magrolino, nervoso, non molto alto, ha i capelli corti e dimostra meno anni dei 20 compiuti il 26 novembre. Si chiama Angelo Piazza, fa il panettiere da quasi cinque anni, abita a Lesmo, paese brianzolo tra Monza e Arcore, in un appartamento a due piani della centralissima via Manzoni. Al primo piano ci sono il salotto e la cucina, al secondo, dove si arriva con la scala a chiocciola, la zona notte. Un ragazzo normale, in una casa normale, in una città normale. Niente che apparentemente lo possa portare, come si dice, agli onori della cronaca. Ma il fatto è che Angelo, poco prima delle nove di sabato mattina, 14 novembre, ha chiamato i carabinieri di Treviglio: “Venite a Suisio, vicino a Bergamo, mia madre è per terra, morta”. Sua madre, Loredana Maria Piazza, 41 anni, è la quarta prostituta uccisa in un anno nel Bergamasco dal presunto serial killer sulla presunta Mercedes nera targata Bg. Il giovane panettiere non vedendola rientrare si era preoccupato ed era andato a cercarla insieme al convivente della madre. Che sapeva dove trovarla: “Quell’ uomo mi ha lasciato a Suisio, erano le otto e mezza, ed è scappato via. Ho visto la giacca di montone di mia mamma e ho capito. Aveva la testa spaccata in due”. Angelo, dunque, figlio di una prostituta nata a Monza e morta poco distante, è quel piccolo “particolare in cronaca” che merita di essere conosciuto da vicino. Per sapere che cosa gli resta dopo aver trovato la madre uccisa. Per sapere che cosa succede a un ragazzo quando scopre che la mamma pratica quel mestiere. Dopo qualche debole resistenza ha accettato di aprire le porte della sua casa di Lesmo a “Panorama”, venerdì 20 novembre alle 17. Ha soltanto voluto che assistesse alla conversazione, intorno al tavolo della cucina, Stefano, un suo amico di 14 anni. Chiara la premessa: “Sta’ attento a quello che scrivi. Voi giornalisti pompate tutto. Solo che poi vengo a cercarti”. Parole da duro pronunciate mentre le dita delle mani si intrecciano nervosamente e la sua mimica facciale cambia di continuo: sorride e si rattrista. Si sfrega gli occhi, rossi: “Perché non dormo e non mangio da quando è morta”. I quotidiani hanno scritto che Angelo, quel maledetto sabato mattina, era andato a colpo sicuro perché era a conoscenza di come si guadagnava da vivere la madre. Ma lui smentisce con veemenza: “No, non sapevo che si prostituiva, credevo che avesse una ditta”. Una ditta? E quale? “Una ditta, comunque una ditta”. Poi spiega che si sentiva dentro qualcosa: “Non era mai rientrata a casa dopo le 18.30. Non ci ho messo molto a temere il peggio. I figli possono avere dei presentimenti”. E per Angelo la madre era “una donna speciale, buona, con un cuore grande così. Disponibile con tutti”. E adesso che è drammaticamente chiaro anche per lui che mestiere facesse a Suisio prima di essere uccisa, ha un solo rammarico: “Visto che sapeva che da quelle parti le ammazzavano tutte, non era meglio se rischiava di meno? Se stava a casa? Ho perso una mamma migliore di tante mamme che fanno onorevoli professioni”. Alza la voce: “Era mia madre, che me ne importa di come guadagnava i soldi”. Angelo si chiama come suo padre, napoletano, elettricista e idraulico, morto (“Non voglio dire come”) quando lui aveva 11 anni. Ma porta il cognome della madre “perché i miei genitori non erano sposati”. Angelo parla di sé e della sua vita come quella di un ragazzo normale, che sembra non aver mai subito alcun condizionamento dal particolare mestiere materno: o la madre è stata molto brava a proteggerlo o lui recita benissimo la parte del figlio ignaro. “Certo, adesso tanti finti amici mi hanno girato le spalle, dicendomi anche frasi molto brutte. Sono codardi che non hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà”. Poteva studiare, ma ha smesso dopo la terza media “perché volevo essere indipendente e non mi piaceva andare a scuola”. La casa di Lesmo, dove è arrivato quattro anni fa da Monza, è di proprietà, non in affitto, e ci viveva con la madre e il suo convivente. Di cui Angelo dice: “Quell’ infame che mi ha lasciato vicino al cadavere della mamma ed è scappato via”. Mentre si sfoga accarezza la testa di Tequila, un boxer striato “che piange da due giorni”. “Io invece non piango. Soffro, ma non sono uno che piange. E adesso riprendo il mio lavoro di panettiere: guadagno quanto basta per mantenermi”. Sarà difficile, però, continuare a coltivare alcuni hobby piuttosto costosi. Angelo aveva un cavallo con il quale faceva gare a ostacoli: “Ho la patente di primo grado e partecipavo anche a competizioni internazionali”. Non ha più neanche l’ Honda 125 Nsr e la Mitsubishi Eclipse 2000 turbo 4×4, una macchina da 48 milioni. “L’ ho provata all’ autodromo di Monza: a tavoletta fino a 220 chilometri all’ ora”. Tutto venduto. Un ragazzo davvero come tanti: moto, auto veloci, una fidanzata con la quale vuole sposarsi, “presto la porterò a vivere con me”. E come tanti suoi coetanei che vivono in piccoli paesi opulenti, a prescindere dalla professione materna, legge pochi libri e non va quasi mai al cinema. Poca persino la tv: solo film comici e, a volte, d’ azione. “A me, però, non piace neanche il calcio: mi fanno incazzare quelli a spasso nel parco con la moglie e la radiolina attaccata all’ orecchio”. Un Angelo di figlio, con un attaccamento alla mamma davvero forte. “Il mio passatempo preferito era stare a casa con lei, mangiare insieme e chiacchierare. C’ era tanta allegria. E cucinava bene: pesce, non pesce, tutto”. Si incupisce quando suonano alla porta i carabinieri: molla sul tavolo il panino al salame che stava mangiando durante l’ intervista e scatta come un felino verso il maresciallo che gli ha portato da firmare il verbale. “Sedici ore mi hanno interrogato. C…, 16 ore. Ma lo sanno tutti che è uno con la Mercedes nera targata Bergamo. Invece di perdere tempo con me perché non si fanno dare l’ elenco di tutti quelli che hanno una macchina così?”. A questo punto la faccenda si complica. Angelo vola sopra le righe. Batte i pugni sul tavolo. E a poco vale il tentativo di calmarlo. Quello che dice di desiderare è soltanto la vendetta. Se non si troverà in fretta l’ assassino, potrebbe succedere che un giovane di 20 anni si metta a cercarlo per conto proprio. Che vada dai concessionari della Mercedes e si faccia consegnare l’ elenco di chi ne ha una nera targata Bergamo. “Vorrei prenderlo e torturarlo. Hai spaccato la testa di mia madre, bastardo. L’ hai riempita di botte e ammazzata. Se sei un uomo vieni qui a Lesmo. Ti sto aspettando: farai una brutta fine”. Attento, Angelo. Non sei Ringo, e Lesmo non è il Far West. “Non me ne frega niente. Vorrei che facesse la fine di mia madre. La sua vita vale più del mio ergastolo”.
CACCIA AL SERIAL KILLER
L’incubo corre in un lembo di terra compreso tra Milano e Bergamo. In un anno sono state uccise quattro prostitute. Ma davvero è stata una sola mano a colpire? 11 NOVEMBRE 1997 Donata Landi Anni 47 Uccisa a colpi in testa a Villa Fornaci, vicino a Masate. 28 OTTOBRE 1998 Graziella Ginalli Anni 40 Stessa sorte delle altre. L’ omicida le ha fracassato il capo. 26 GENNAIO 1998 Joi Uwadia Anni 35, nigeriana. Seviziata e uccisa a bastonate. Sospetti su un marocchino. 14 NOVEMBRE 1998 Loredana Maria Piazza Anni 41 L’ assassino le ha spaccato in due il cranio. E’ stato il figlio Angelo, 20 anni, a chiamare i carabinieri.