SCOOP SOMALIA: SOTTO PROCESSO IL TESTIMONE

Condividi l'articolo
  • Testata Panorama
  • Data Pubbl. 01/04/1999
  • Numero 0013
  • Numero Pag. 91
  • Sezione ATTUALITA’
  • Occhiello L’ ALTRA FACCIA DELLO SCOOP SOMALIA SOTTO PROCESSO IL TESTIMONE
  • Titolo TORTURE E VIOLENZE: NON PAGA NESSUNO
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

Giovedì 18 marzo 1999, tribunale di Roma: un giovane che ha compiuto 25 anni due giorni prima, su richiesta del pubblico ministero Franco Ionta, lo stesso che coordina l’ inchiesta sull’ uccisione dei giornalisti Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (Mogadiscio, 20 marzo 1994), viene rinviato a giudizio dal gip Mariella Roberti per calunnia. Il processo inizierà mercoledì 5 maggio. L’ avvocato del ragazzo, Mariella Guglielmana di Lecco, si dice stupita per tanta solerte rapidità. Ma l’ imputato non è uno qualsiasi. Si chiama Stefano Valsecchi. E’ il famoso “Stefano”, ex paracadutista, che nel giugno di due anni fa denunciò a Panorama la violenza subita a metà novembre ’93 da una donna in somalia. Alcuni militari italiani impegnati nella missione di pace Ibis la violentarono usando una bomba illuminante cosparsa di marmellata. Stefano consegnò a Panorama anche le terribili foto che scattò durante lo stupro al check-point Demonio, tra Mogadiscio e Balad. In una di queste si intravede un militare con i capelli bianchi. Il procuratore militare Antonino Intelisano interrogò Stefano a Roma il 13 e il 14 luglio 1997 e gli chiese chi potesse essere quell’ uomo. Con molti condizionali Stefano disse che gli sembrava il sergente maggiore dei parà Antonio Meligeni. “E’ sicuro?” si legge nell’ interrogatorio. “No”, risponde Stefano. Ma citando come fonte di prova anche quell’ interrogatorio, Meligeni ha denunciato Stefano. Che è stato rinviato a giudizio “per aver accusato, sapendolo innocente, Antonio Meligeni…”. Così quel ragazzo che si rivolse spaventato a Panorama convinto di fare una cosa giusta si ritrova, come dice l’ avvocato Guglielmana, “da accusatore, accusato. E quello stupro ce lo siamo dimenticati?”. In realtà, quello di Stefano non è il solo paradosso del “Somaliagate”. Tra querele, citazioni e richieste di risarcimenti anche Panorama è sul banco degli imputati. E ora arriva addirittura la richiesta di archiviazione per il maresciallo paracadutista Valerio Ercole, l’ uomo che compare chinato su Adan Abukar Ali, il somalo nudo e steso a terra nelle foto pubblicate da Panorama il 5 giugno del ’97. Il suo avvocato, Giangualberto Pepi, lo vorrebbe prosciolto sulla base di una perizia ordinata dal tribunale di Livorno che indaga sulla vicenda. Secondo i periti Alessandro Bassi Luciani e Gino Fornaciari, “non consegue alcun esito alle violenze e maltrattamenti cui (il somalo torturato, ndr) è stato sottoposto (scariche elettriche alla mano sinistra e ai genitali ottenute mediante l’ azionamento di un telefono da campo). In particolare non residuano cicatrici cutanee allo scroto e al pene”. Ma basta non trovare segni a cinque anni di distanza da una violenza documentata e ammessa dalla stessa perizia per una archiviazione? Il procuratore militare Intelisano ci tiene comunque a sottolineare che “la madre di tutte le inchieste sulla Somalia”, cioè la sua, è ancora in piedi. Spiega a Panorama: “Sul quadro di insieme di queste storie di ordinaria follia di vita militare, sulla violazione delle regole d’ ingaggio e delle consegne militari, sulle responsabilità degli alti comandi, sto ancora lavorando. Ho anche chiesto alla commissione Difesa del Senato di inviarmi gli atti, comprese le audizioni dei generali Carmine Fiore e Bruno Loi”. Ma intanto, dopo un anno e mezzo, otto inchieste, tre commissioni, in prigione c’ è sempre solo un somalo. Si chiama Hashi Omar Hassan, era arrivato in Italia per testimoniare di presunte torture subite: è in carcere con l’ accusa di aver partecipato all’ omicidio di Ilaria Alpi.

BOX

L’ INSABBIAMENTO

Il giornalista Marco Gregoretti, uno del team che quasi due anni fa fece esplodere lo scandalo delle torture in Somalia, ha ricevuto per gli scoop di “Panorama” il più prestigioso premio giornalistico italiano (il Saint Vincent) direttamente dalle mani di Oscar Luigi Scalfaro. Eppure, i responsabili di quelle violenze o non sono mai stati individuati, o sono stati puniti con ridicole misure disciplinari, oppure vedono avvicinarsi l’ archiviazione. Chi aveva denunciato è oggi sotto accusa o in galera. Domanda: tra la stampa e le istituzioni, chi non ha fatto il proprio dovere?