SESSO, “DOTTORE” MALATO DI AIDS. L’ UNTORE E LE RAGAZZINE

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  • Testata            Panorama
  • Data Pubbl.     09/07/1998
  • Numero           0027
  • Numero Pag.   64
  • Sezione            ATTUALITA’
  • Occhiello         SESSO, BUGIE E IGNORANZA IL CASO DEL “DOTTORE” MALATO DI AIDS
  • Titolo  MILANO 1998, L’ UNTORE E LE RAGAZZINE
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

Martedì 30 giugno. Cammina protetto da due agenti in borghese. Neanche in ascensore si toglie gli occhiali da sole. E’ appena uscito dall’ ufficio del gip. Il suo avvocato si limita a dire: “E’ un storia dolorosa. Per tutti”. Nessuno conosce il suo nome. E neanche quello delle almeno 50 donne che sono state con lui, attirate dalla possibilità di trovare un’ occupazione. Ma la storia dell’ artigiano quarantenne, malato di aids e che, forse, ha contagiato decine di partner, purtroppo è tutta vera. Un film sulla follia metropolitana che sembra rendere del tutto inutili le campagne televisive, radiofoniche e cartellonistiche per la lotta all’ aids. Panorama ripercorre la trama di questo dramma verità. Partendo dalla fine. Epilogo. L’ ultima ragazza ci è cascata lunedì 15 giugno. Due giorni dopo, alle sei di mattina, quel dottore che le prometteva lavoro portandola in un motel, è stato arrestato a casa sua mentre dormiva con la moglie e i due figli. La polizia ha suonato nel suo appartamento, in un comune fuori Milano, verso Novara. Accuse gravissime: violenza carnale, sostituzione di persona, tentate lesioni gravissime. Aveva l’ aids conclamato e lo sapeva. L’ estate scorsa, tornando dalle vacanze, era andato in ospedale perché aveva una fastidiosa febbre. Le analisi non avevano lasciato scampo: da sieropositivo a malato di aids. Finisce a San Vittore e, dopo una settimana, agli arresti domiciliari. Restrizione che gli è stata tolta per permettergli di curarsi. A Milano inizia l’ incubo untore. Quante sono le giovani donne, tra i 19 e i 30 anni, alcune sposate, che sono state insieme a lui con il miraggio di trovare un posto da commessa? Scena prima: la denuncia. Maria cerca lavoro. Ha messo l’ annuncio su un giornale. Precisando età, 22 anni, e numero di telefono. Finalmente, gli ultimi giorni di marzo, il trillo della speranza. Una voce maschile si presenta: “Mi occupo della selezione di standiste”. L’ appuntamento con il “manager”, per il primo colloquio, è in un bar: è strano, ma ci va lo stesso. Nel locale sembra che lo conoscano bene. La fa salire in macchina con la scusa di fare un giro vicino alla zona espositiva dove dovrà lavorare. L’ uomo le scatta alcune foto da mostrare ai misteriosi imprenditori che lo hanno incaricato di fare la selezione. Poi diventa mellifluo e sorridente. “Dai, fai la carina…”. Le mette due dita in bocca e cerca di accarezzarle il seno. Maria si ribella. Lui la riaccompagna e le chiede, comunque, un appuntamento per qualche giorno dopo. Maria, sconvolta, va alla polizia: commissariato della zona Ticinese. Lo dirige una donna energica: Lucia Esposito, napoletana. Che raccoglie la denuncia. E decide di intervenire. I poliziotti si presentano al posto di Maria. E fermano un artigiano la cui unica proprietà è la partita Iva. Scoprono che usa generalità false per attirare le giovani donne, che è malato. Ma la sorpresa vera è sulla sua Alfa Romeo: un piccolo archivio. Cinquanta schede di altrettante donne: dati anagrafici, indirizzi, numeri di telefono, misure, colore degli occhi, dei capelli, persino gli hobby. Saltano fuori anche videocassette a luci rosse fai-da-te. E’ il 4 aprile e il “dottore”, elettricista nella vita ufficiale, viene denunciato a piede libero. Ma non demorde. Continua nel suo quotidiano approccio ancora per due mesi. Usa tre accortezze: un nome diverso da quello che aveva utilizzato con Maria e le altre, cambia bar e albergo. Era da tre anni che il suo meticoloso “gioco” andava avanti. Forse da quando aveva scoperto di essere sieropositivo. Perché mollare proprio adesso? Soltanto che, lui non lo sapeva, le indagini, coordinate dal pubblico ministero Nunzia Ceravolo, andavano avanti. Scena seconda: la teenager innamorata. Sono le 11 di mattina di una solare giornata di maggio. Cinzia, una giovane ragazza di 19 anni, è in casa con la mamma. Cerca di far passare il tempo come può. Su un giornaletto per teenager legge l’ ennesima puntata sulla Leonardo DiCaprio – story. Sogna di avere una vita “diversa”, di incontrare l’ uomo maturo, e, anche lei come Maria, di trovare un lavoro. “Ma non è facile come una volta, neanche a Milano” le dice la madre. Lo squillo del telefono rompe la monotonia: “Buogiorno” dice una voce maschile suadente e decisa “cerco la signorina Cinzia”. “Sono io, chi è?”. “La chiamo per quell’ annuncio su Secondamano. Cerca lavoro, vero?”. “Sì, certo”. “Bene, forse ha trovato la persona giusta”. L’ appuntamento è per un caffè, dopo pranzo, in un bar non distante dalla zona San Siro. L’ uomo, quarantenne, meridionale, non molto alto e con un viso piuttosto anonimo non ha certo quello che si dice il fascino di un Adone. Però, quando comincia a parlare e si toglie gli occhiali scuri, esibisce una parlantina che incanta l’ incauta ragazza. Quell’ uso di parole come “sostanzialmente” o di intercalare tipo “in buona sostanza”, l’ attenzione ai congiuntivi che lei in casa mai aveva sentito usare, la convincono che non c’ è niente di male se accetta l’ invito nel motel. E così è stato. Senza essere sfiorata neanche un attimo dal dubbio che è davvero originale essere convocata a parlare di lavoro prima in un bar e poi direttamente nella stanza di un albergo. Niente, quel sedicente dottore, lo stesso di Maria, l’ aveva davvero persuasa. Non solo: ci furono altri incontri. Altro sesso. E ancora: le foto, la videocassetta hard. Aspettando un’ occupazione che non arrivava mai, Cinzia si era ormai messa in testa di amarlo. E di essere ricambiata. Lei come le altre che hanno creduto di vivere una vera storia. Scena terza: la paura. Questa volta il telefono che trilla è quello del primo dirigente del commissariato di polizia. “Buongiorno, sono il papà di una ragazza che ha incontrato quel disgraziato! Per fortuna che le ho impedito di andare la seconda volta. Qualcosa mi puzzava. Pensi che l’ aveva accompagnata mia moglie”. Ormai la notizia dell’ arresto è nota e i giornali parlano dell’ untore che ha avuto rapporti con decine di donne. Non gli interessava che fossero carine. E, infatti, non tutte lo erano. Badava alla quantità: uno dei sospetti atroci è che si volesse vendicare del contagio subito. Un compito che gli era stato reso facile dalle stesse vittime. Ora sono 20 che lo hanno denunciato (alle prime quattro se ne sono aggiunte 16 in questi giorni), ma nessuna è mai stata sfiorata dal dubbio che avere rapporti con una persona praticamente sconosciuta poteva comportare rischi gravi. Le tante che sono passate negli uffici del commissariato Ticinese, tutte di livello sociale medio-basso secondo gli inquirenti, parlavano di sesso come se si trattasse di bere un caffè. Una di queste, ventenne, ha raccontato di avere cinque fidanzati e di non vederci nulla di male nelle relazioni soltanto sessuali. Uno spaccato sociale che i poliziotti non immaginavano così buio. Adesso sperano che davvero nessuna di loro sia stata contagiata. Neanche quella sposata di trent’ anni che a chi le ha chiesto: “Ma scusi, lei non usava precauzioni?”, ha risposto: “Sì, prendevo la pillola”.

BOX

MA ALLORA NON SERVONO A NIENTE

Nonostante le campagne, chi è ammalato fa sesso non sicuro Lo conoscono ma non lo evitano. E’ il risultato choc di un sondaggio tra mille sieropositivi italiani (70 per cento maschi), presentato a Ginevra alla XII conferenza mondiale sull’ aids. Il 77 per cento degli intervistati non teme di contagiare il partner e solo il 5 per cento considera il sesso pericoloso.