Caso Moro. “Un colpo di stato pieno di depistaggi”. L’intervista, che ho scritto per Libero di mercoledì 5 luglio 2023, al generale Piero Laporta, autore di Raffiche di Bugie a via Fani. Stato e Br spararono su Aldo Moro. Qui due delle 4 versioni: quella integrale per il giornale, quella pubblicata tagliata per esigenze di spazio. Le altre sono una di 11 pagine e l’altra, video, di oltre due ore.

L'intervista al Generale Piero Laporta sul caso Moro per Libero di mercoledì 5 luglio 2023
Condividi l'articolo

VERSIONE PUBBLICATA DA LIBERO MERCOLEDì 5 LUGLIO 2023
Una telefonata alle due di notte. “Greg, ti mando in anteprima un libro bomba sul caso Moro.”. A tirarmi giù dal letto Riccardo Sindoca, criminologo, operatore di intelligence della Nato. Raffiche di bugie a Via Fani. Stato e BR sparano su Aldo Moro, scritto dal generale in congedo, Piero Laporta, già capo di Stato maggiore, è di fatto un dossier che racconta la storia di un colpo di Stato. “Caro Sindoca, visto che Laporta ti cita come fonte disvelatrice, portami da lui e fammelo intervistare”. E così è stato, venerdì 12 maggio, vicino a Roma. Con l’operatore tv ho registrato due ore che diventeranno un docu film. Ecco le clamorose anticipazioni in questa intervista esclusiva che Laporta ha rilasciato a Libero

È vero che la mattina del 16 marzo 1978 l’onorevole Aldo Moro non era in via Fani?
Testimonianze e documenti assicurano che Moro fu “prelevato” prima di via Fani. I BR non ebbero capacità tecnica di sparare senza colpirlo, lo assicura un killer professionista, addestrato dai sovietici e reclutatore di Carlos lo Sciacallo. Bassam Abu Sharif depose davanti alla commissione Fioroni: «Le BR non hanno rapito Aldo Moro… Le BR non avevano la possibilità di uccidere cinque guardie del corpo senza che Aldo Moro venisse ferito».

Moro stesso avrebbe nascosto nelle lettere le notizie su che cosa fosse successo?

Io ho fatto l’esame filologico della prima lettera a Francesco Cossiga, del 29 Marzo e di quella alla signora Nora per Pasqua, mai pervenuta. Nel libro dimostro che Aldo Moro comunica che della sorte della scorta (e quindi dell’agguato di via Fani) non sa nulla.
Cossiga disse alla prima commissione Moro che le lettere furono esaminate “con metodi artigianali”. Io ho lavorato con metodi artigianali e sono giunto a risultati esplosivi, confermati dalla rigorosa decrittazione di sei anagrammi tratti dalle missive. Da dilettante, dopo 45 anni… Doveva essere fatto nei 55 giorni dallo Stato, con le risorse delle università.

Dove si trovava, dunque, lo statista DC?

Negli anagrammi dice che era “in terra dantesca”, in una casa con “tre tetti nascosti”, nelle mani di “popolo russo”, trasportatovi “in elicottero”.

Perché uccisero la scorta?

Perché testimoni di quanto avvenuto prima di via Fani, per ottenere il triplice distacco: Moro separato dalla scorta, dall’inseparabile Oreste Leonardi e dalle sue cinque borse, una delle quali lo seguiva ovunque.

Chi agì in via Fani?

Il GRU, servizio segreto militare sovietico, avvalendosi del gruppo Carlos, anche per collocare esplosivo ad alto potenziale nella Mini Cooper verde col tetto nero, parcheggiata davanti al bar Olivetti e alle spalle dei BR che sparacchiarono contro l’Alfetta.
L’annientamento di Oreste Leonardi e di Domenico Ricci, i due carabinieri di gran lunga più pericolosi dei cinque della scorta, fu operato con totale sorpresa, senza spruzzi di sangue e coi primi tre colpi dell’agguato, da un commando di quattro killer professionisti, con uniformi Alitalia e col berretto con visiera a proteggerli dal riconoscimento satellitare.

C’era un “traditore” nelle alte sfere dello Stato?

La presenza di un Giuda ad alto livello è certa. I BR seppero un mese prima che l’agguato sarebbe avvenuto in via Fani. Per andare nel centro di Roma, vi sono tre itinerari: uno è per via Fani, ma ci sono anche via della Camilluccia e via Trionfale. Il Giuda ordinò a Oreste Leonardi di passare per via Fani, facendosi precedere da una Fiat 128 bianca. È provato nel mio libro.

È vero che durante la prigionia Moro fu torturato?

Il verbale di autopsia dedica dieci righe a quattro costole di Aldo Moro, rotte in tempi differenti. Meno di due righe liquidano un “vasto edema cerebrale”.
Il verbale fu occultato alle commissioni parlamentari di inchiesta e ai magistrati.
È stupefacente che né la commissione Fioroni, né le precedenti, né l’ultima commissione antimafia, le cui conclusioni sono successive all’uscita del mio libro, mai si siano accorte della tortura che piegò Moro ai disegni dei rapitori, a svelare tutti i suoi segreti. Ebbero un bel dire che non ne custodisse di rilievo. Egli fu l’uomo della NATO e il rifondatore dei servizi segreti, con saldissimi legami oltreatlantico. Che poi a Washington si siano fatti intortare da Mosca è un altro discorso.

Ci furono depistaggi?

Un depistaggio, documenti alla mano, è propalato da due monsignori, i quali gabellarono Moro ucciso da Giustino Devuono (sicario della criminalità ndr) il quale sparava i colpi “a raggiera”, su una linea circolare intorno al cuore. Due giornalisti, Paolo Cucchiarelli, Giovanni Fasanella e il gruppo PD della commissione Fioroni avallarono. Nel libro dimostro che i colpi “a raggiera” non esistono. I colpi sono distribuiti su due segmenti convergenti e rettilinei a cercare le fratture alle costole e confondere le acque sulla tortura bestiale patita dallo Statista. Anche il covo di via Montalcini è una delle tante gabole del racconto di magistrati e di sedicenti giornalisti d’inchiesta.

È vero che il brigatista rosso Valerio Morucci era un agente del Sisde, i servizi segreti “interni” italiani di allora?

È il presidente della commissione, Giuseppe Fioroni, a collocare Morucci nel SISDE. Nessuno accerta “come”, “per iniziativa di chi” e “quali missioni” abbia compiuto uno che consideravamo un mero assassino? Le testimonianze di costui e il memoriale che consegnò a Cossiga nel 1986, lo videro in veste di BR, di agente del SISDE o in ambedue le funzioni?

Perché non furono “ascoltati” i messaggi criptati di Moro?

Aldo Moro doveva morire. Intransigente dal 16 marzo al 9 Maggio, lo Stato sbracò, mentendo e concedendo guarentigie ai BR, alcuni dei quali vivono bene senza mezzi apparenti di sussistenza.
Vollero sbarrargli la strada del Quirinale, dopo aver cacciato Giovanni Leone grazie alla campagna diffamatoria, promossa dal PCI, dai radicali, dal gruppo Espresso e dalla Fiat.

Insomma, secondo lei, il sequestro di Moro fu un colpo di Stato ben riuscito?

Lo dicono ricercatori come Sergio Flamigni. Stupisce che nessuno di essi s’accorse del depistaggio dei colpi a raggiera o delle torture dimenticate, sebbene testimoniate da l’Unità e da La Stampa. Stupisce la distrazione sul Morucci nel SISDE e che non ci sia chi ricordi l’esplosivo ad alto potenziale in via Fani, che esige addestramento peculiare, estraneo ai BR. Lecito attendere quindi incriminazioni a inchiodare i responsabili del depistaggio, nello Stato e fuori. Finché costoro saranno in libertà non ci si può aspettare un genuino pentimento dei BR, i quali, a loro volta, devono rispondere delle guarentigie procacciatesi con la menzogna.
Marco Gregoretti

Copertina del libro dossier del generale Piero Laporta

Generale Piero Laporta

VERSIONE INTEGRALE INVIATA A LIBERO, PPI TAGLIATA PER RALI ED OGGETTIVE RAGIONI DI SPAZIO
Una telefonata alle due di notte. “Greg, ti mando in anteprima un libro bomba sul caso Moro.”. A tirarmi giù dal letto Riccardo Sindoca, criminologo, operatore di intelligence della Nato. Raffiche di bugie a Via Fani. Stato e BR sparano su Aldo Moro, scritto dal generale in congedo, Piero Laporta, già capo di Stato maggiore, è di fatto un dossier che racconta la storia di un colpo di Stato. “Caro Sindoca, visto che Laporta ti cita come fonte disvelatrice, portami da lui e fammelo intervistare”. E così è stato, venerdì 12 maggio, vicino a Roma. Con l’operatore tv ho registrato due ore che diventeranno un docu film. Ecco le clamorose anticipazioni in questa intervista esclusiva che Laporta ha rilasciato a Libero

È vero che il 16 marzo 1978 l’onorevole Aldo Moro non era in via Fani, quando furono sterminati gli uomini della sua scorta?

Testimonianze e documenti assicurano che Moro fu “prelevato” prima di via Fani. I BR non ebbero capacità tecnica di sparare senza colpirlo, lo assicura un killer professionista, addestrato dai sovietici e reclutatore di Carlos lo Sciacallo. Bassam Abu Sharif depose davanti alla commissione Fioroni: «Le BR non hanno rapito Aldo Moro… Le BR non avevano la possibilità di uccidere cinque guardie del corpo senza che Aldo Moro venisse ferito».

Moro stesso avrebbe fornito, nascoste nelle pieghe delle lettere al ministro degli Interni Francesco Cossiga e a sua moglie Eleonora, le indicazioni su che cosa fosse successo la mattina de 16 marzo 1978?

Io ho fatto l’esame filologico della prima lettera a Francesco Cossiga, del 29 Marzo e di quella alla signora Nora per Pasqua, mai pervenuta. Nel libro dimostro che Aldo Moro comunica che della sorte della scorta (e quindi dell’agguato di via Fani) non sa nulla.

Nessuno aveva capito?

Cossiga disse alla prima commissione Moro che le lettere furono esaminate “con metodi artigianali”. Io ho lavorato con metodi artigianali e non sono un filologo. Sono giunto a risultati esplosivi, confermati dalla rigorosa decrittazione di sei anagrammi tratti dalle missive. Da dilettante, dopo 45 anni… Doveva essere fatto nei 55 giorni dallo Stato, con le risorse delle università per dare tempestive risposte.

Dove si trovava, dunque, lo statista DC?

Negli anagrammi dice che era “in terra dantesca”, in una casa con “tre tetti nascosti”, nelle mani di “popolo russo”, trasportatovi “in elicottero”. Chi dubita, metta i testi da anagrammare in un super computer e in poche ore si toglie il dubbio.

Perché uccisero i suoi angeli custodi?

Macellati perché testimoni di quanto avvenuto prima di via Fani, per ottenere il triplice distacco: Moro separato dalla scorta, dall’inseparabile Oreste Leonardi e dalle sue cinque borse, una delle quali lo seguiva ovunque. Gli avvocati di parte civile delle famiglie dei cinque agenti, scavano poco in questa direzione; è singolare.

Chi agì in via Fani?

Il GRU, servizio segreto militare sovietico, avvalendosi del gruppo Carlos, anche per collocare esplosivo ad alto potenziale nella Mini Cooper verde col tetto nero, parcheggiata davanti al bar Olivetti e alle spalle dei BR che sparacchiarono contro l’Alfetta.
L’annientamento di Oreste Leonardi e di Domenico Ricci, i due carabinieri di gran lunga più pericolosi dei cinque della scorta, fu operato con totale sorpresa, senza spruzzi di sangue e coi primi tre colpi dell’agguato, da un commando di quattro killer professionisti, con uniformi Alitalia e col berretto con visiera a proteggerli dal riconoscimento satellitare.

A che cosa serviva quella drammatica commedia?

Inizialmente fu solo una finzione affinché la scorta portasse Aldo Moro all’elicottero che lo avrebbe trasportato, pensando di consegnarlo a uomini dello Stato. E costoro forse lo erano davvero (chi può dirlo?) ma da traditori.

C’era un “traditore” nelle alte sfere dello Stato?

La presenza di un Giuda ad alto livello è certa. I BR seppero un mese prima che l’agguato sarebbe avvenuto in via Fani. Per andare nel centro di Roma, vi sono tre itinerari: uno è per via Fani, ma ci sono anche via della Camilluccia e via Trionfale. Il Giuda ordinò a Oreste Leonardi di passare per via Fani, facendosi precedere da una Fiat 128 bianca. È provato nel mio libro. La famiglia Moro interrogò gli inquirenti sulla singolarità del transito per via Fani e su come facessero i BR a esserne certi. Lo Stato non rispose.

Il solito racconto, sono stati gli americani, è colpa della Cia, non regge più…

La stazione Cia e l’ambasciata USA furono intortate dai sovietici. Se questo avvenne con buona volontà da ambo le parti sarebbe una base di partenza per altre indagini.

È vero che durante la prigionia Moro fu torturato?

Il verbale di autopsia dedica dieci righe a quattro costole di Aldo Moro, rotte in tempi differenti. Meno di due righe liquidano un “vasto edema cerebrale”.
Il verbale fu occultato alle commissioni parlamentari di inchiesta e ai magistrati. La tortura da me svelata dopo 45 anni, è significativa dell’infezione nello Stato.
È stupefacente che né la commissione Fioroni, né le precedenti, né l’ultima commissione antimafia, le cui conclusioni sono successive all’uscita del mio libro, mai si siano accorte della tortura che piegò Moro ai disegni dei rapitori, a svelare tutti i suoi segreti. Ebbero un bel dire che non ne custodisse di rilievo. Egli fu l’uomo della NATO e il rifondatore dei servizi segreti, con saldissimi legami oltreatlantico. Che poi a Washington si siano fatti intortare da Mosca è un altro discorso.

Ci furono depistaggi?

Un depistaggio, documenti alla mano, è propalato da due monsignori, i quali gabellarono Moro ucciso da Giustino Devuono (sicario della criminalità ndr) il quale sparava i colpi “a raggiera”, su una linea circolare intorno al cuore. Due giornalisti, Paolo Cucchiarelli, Giovanni Fasanella e il gruppo PD della commissione Fioroni avallarono. Nel libro dimostro che i colpi “a raggiera” non esistono. I colpi sono distribuiti su due segmenti convergenti e rettilinei a cercare le fratture alle costole e confondere le acque sulla tortura bestiale patita dallo Statista. Anche il covo di via Montalcini è una delle tante gabole del racconto di magistrati e di sedicenti giornalisti d’inchiesta; avrebbero dovuto verificare le grossolane stupidaggini da loro spacciate per oro zecchino. Ma forse hanno verificato.

Chi depistò?

Chi tuttora depista sono lo Stato, la stampa e i BR in coro, con i BR meno colpevoli.

È vero che il brigatista rosso Valerio Morucci era un agente del Sisde, i servizi segreti “interni” italiani di allora?

È il presidente della commissione, Giuseppe Fioroni, a collocare Morucci nel SISDE. Nessuno accerta “come”, “per iniziativa di chi” e “quali missioni” abbia compiuto uno che consideravamo un mero assassino? Le testimonianze di costui e il memoriale che consegnò a Cossiga nel 1986, lo videro in veste di BR, di agente del SISDE o in ambedue le funzioni?

Perché non furono “ascoltati” i messaggi criptati di Moro?

Aldo Moro doveva morire. Intransigente dal 16 marzo al 9 Maggio, lo Stato sbracò, mentendo e concedendo guarentigie ai BR, alcuni dei quali vivono bene senza mezzi apparenti di sussistenza.

A chi dava fastidio Aldo Moro?

Vollero sbarrargli la strada del Quirinale, dopo aver cacciato Giovanni Leone grazie alla campagna diffamatoria, promossa dal PCI, dai radicali, dal gruppo Espresso e dalla Fiat.

Insomma, secondo lei, il sequestro di Moro fu un colpo di Stato ben riuscito?

Lo dicono ricercatori come Sergio Flamigni. Stupisce che nessuno di essi s’accorse del depistaggio dei colpi a raggiera o delle torture dimenticate, sebbene testimoniate da l’Unità e da La Stampa. Stupisce la distrazione sul Morucci nel SISDE e che non ci sia chi ricordi l’esplosivo ad alto potenziale in via Fani, che esige addestramento peculiare, estraneo ai BR. Lecito attendere quindi incriminazioni a inchiodare i responsabili del depistaggio, nello Stato e fuori. Finché costoro saranno in libertà non ci si può aspettare un genuino pentimento dei BR, i quali, a loro volta, devono rispondere delle guarentigie procacciatesi con la menzogna e con il disonore della stampa e dello Stato italiani, loro complici.
Marco Gregoretti

NE ESISTONO ANCHE ALTRE DUE VERSIONI: UNA DI 22MILA BATTUTE, CIRCA 11 PAGINE DI UN LIBRO, E UN’ALTRA, VIDEO, DI OLTRE DUE ORE