Qui ci truffano appena ci muoviamo! Allarme della Questura. Breve viaggio nella centrale operativa di chi ci difende dalla rete, con l’intervista a Tiziana Liguori, dirigente della Polizia postale di Milano. L’articolo che ho scritto per Libero di martedì 21 febbraio 2023

L'articolo che go scritto per Libero di martedì 21 febbraio 2023
Condividi l'articolo

Aveva risposto a un messaggio su Instagram e alla fine si è trovato con un milione e duecentomila euro in meno. Peggio di quanto sia successo a un altro incauto investitore che ne ha persi “solo “ 500mila. È il fake trading on line, la nuova sofisticata trappola truffaldina via social che promette fantasmagorici guadagni in brevissimo tempo e che ha fatto abboccare anche persone che lavorano nel mondo della finanza. L’ultima porta aperta sui mille inferni telematici. Si aggiunge alle cosiddette truffe “romantiche”, alle frodi, al sexual revenge, al cyber bullismo, alla pedo pornografia. Un grande blob dell’orrore dove non c’è più confine tra realtà reale e realtà virtuale, con regole non scritte che vengono imposte con astuzia da chi ha cattive intenzioni. In primis dalla criminalità organizzata.
“Non c’è un attimo di tregua. Si lavora a getto continuo”. Tiziana Liguori è la dirigente del Compartimento della Polizia postale di Milano, probabilmente in quest’epoca di click la struttura investigativa maggiormente gettonata dai cittadini, sempre più vittime ingenue, spaventate da un moloch ingovernabile. Il tour-intervista che la dirigente ha concesso a Libero comincia dal suo ufficio, nella zona di via Washington. Davanti alla scrivania, protetta ancora dal plexiglass anticovid. “È così, l’allarme degli allarmi oggi è quello del fake trading on line. La situazione è gravissima perché vede ingenti capitali italiani finire chissà dove. Mi segua, la porto dagli operativi che se ne occupano”. In effetti soltanto nel primo mese del 2023 si sono volatilizzati, stando alle 56 denunce per truffa presentate, nella sola Milano, 699.500 euro. Oltre due milioni in Lombardia: 2.108.334. Circa il 70 per cento si tratta, appunto, di fake trading on line. Neanche il tempo di entrare nella stanza dove una ventina di agenti traccia soldi e criminali con la speranza di recuperare un po’ del maltolto, che arriva la denuncia di un cittadino: ha sborsato 5mila euro in cambio della promessa che sarebbero diventati 150mila. Le menti criminali che governano il falso trading sono albanesi e rumene e spesso si avvalgono di banche della Lituania o di paesi con i quali, per i nostri investigatori, è praticamente impossibile collaborare. “Il livello di predisposizione alla manipolazione è altissimo: sono delinquenti con una grande capacità di convincimento. Che è la principale arma usata per imbrigliare chi ci casca, generalmente agganciato via social attraverso un profilo falso di una persona amica o di un personaggi famoso. Perfino di Mario Draghi. La seconda fase è quella della telefonata da parte di un finto operatore del settore. Funzionano come un call center: partono un numero elevato di chiamate. Qualcuno finisce nella rete”. E qui viene il bello: la promessa di triplicare in criptovaluta, in pochi giorni, l’investimento, viene apparentemente mantenuta: i soldi si vedono davvero sul conto. Ma non si possono utilizzare. “L’acquisto dei titoli” spiega Liguori “avviene in effetti su un sito legale. All’inconsapevole vittima, che oramai si fida, suggeriscono l’installazione di un programma per gestire direttamente i soldi versati, che continuano ad arrivare”. In sostanza il giochino è “Mettili qui i tuoi fondi, ce ne occupiamo noi. Più ne metti più guadagni”. E tu stai tranquillo, perché attraverso una piattaforma “illegale” ti fanno vedere il tuo conto con i tuoi movimenti e la cifra che galoppa, galoppa. E tu sei tutto contento. Contento e c…. Perché in realtà non vedi proprio nulla. È tutto finto e i quattrini sono finiti nell’ectoplasma della criminalità. Così quando il correntista vuole rientrare, capisce che cosa gli è successo. Non basta: alla prima richiesta di riavere i soldi dal conto, parte un’ulteriore truffa: “Certo, però ci sono da pagare delle tasse, sai è la legge…”. E chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. “Raggiunto lo scopo dei truffatori, noi non possiamo fare più niente” sottolinea Liguori. E quindi? Come ci si può difendere? “Per quel che riguarda le indagini l’unica è battere sul tempo i criminali. Il bonifico istantaneo, per esempio, ci mette fuori gioco. Per ottenere il risultato, però, la denuncia deve essere presentata prima che la macchina criminale sia andata avanti. Ed è molto importante avere la collaborazione dei social net-work. Non tutti, però, sono disponibili”. Quali? “Tic toc e Telegram, per esempio non ci aiutano”. Se arrivano profferte, invece, che cosa fare? “Non credere a chi propone guadagni rapidi e facili. Così come è meglio diffidare di chi manda appelli social tipo: ho una grave malattia, solo tu puoi salvarmi. Ho visto il tuo profilo”. Un aggancio che si trasforma presto in amore totale. Che finisce soltanto quando chi ha abboccato non ha più un soldo in banca. E magari ha perso anche la casa. Nei report della Polizia postale sono elencate come truffe romantiche (parenti strette degli imbrogli video sessuali), portate a termine con profili inesistenti. “Curati molto nell’aspetto fisico e spesso mirati tenendo conto dell’età della vittima”. È capitato anche a Pamela Prati.
Nella stanza dell’”anticrimine informatici” si combatte il ricatto fatto alle aziende e perfino agli ospedali, come è successo a Milano: con un virus bloccano ogni tipo di supporto informatico paralizzando l’attività delle strutture colpite. Se “tag” come Anonymus, tornata in auge in questi giorni, hanno come finalità argomenti “sociali”, gli altri ricattatori mirano al soldo: se paghi ti rimettiamo in funzione. “All’inizio del conflitto russo-ucraino” spiega ancora Liguori, “abbiamo notato un incremento di hackeraggi di questo tipo collegabili alla guerra. Ora da quel punto di vista la situazione sembra calma. Speriamo…L’intervento della Polizia postale è soprattutto di carattere preventivo. I nostri uomini fanno appositi corsi di formazione. E con alcune aziende lavoriamo direttamente”.
Nell’ufficio “social” si sta incollati allo schermo del computer: indagano su alcune frodi messe in atto a Milano da cittadini della Campania. Nella sala “antiterrorismo”, intanto, l’attenzione principale è sul monitoraggio dei siti e dei social legati al mondo degli “anarchici” e degli antagonisti, anche in relazione al caso di Alfredo Cospito al 41 bis. Ma non è l’unico fronte aperto. Oltre al fondamentalismo, agli ambientalisti e alle baby gang, alcuni gruppi di no vax e di no green pass sono ancora attivi in rete. La matrice è, comunque, il “no”.
L’ultima tappa del giro, quella appositamente lasciata per ultima, è nella sala, forse la più ampia, dove le poliziotte e i poliziotti si occupano di pedo pornografia. Ma questo argomento merita un articolo a parte. Si vedono e si ascoltano storie oltre il limite della bestialità “Qui” dice una operatrice “andiamo avanti a quattro perquisizioni al giorno solo in città. E lei non può avere idea di che cosa troviamo. Ha presente quel papà che abbiamo fatto arrestare perché abusava della figlia di due mesi e condivideva le immagini in rete?…“ .
Marco Gregoretti